Secondo il rapporto “The Economics of Biodiversity: The Dasgupta Review”, commissionato nel 2019 dal ministero dal Tesoro del Regno Unito a Sir Partha Dasgupta, professore emerito di economia all’universiutà di Cambridge e membro del St John’s College di Frank Ramsey, «In economia, la natura è un “punto cieco” che non può più essere ignorato dai sistemi contabili che dettano le finanze nazionali e dai responsabili delle decisioni che vi stanno dietro».
Il rapporto è stato subito paragonato all’influente Stern Review on the Economics of Climate Change del 2006 e, infatti, quella di Dasgupta è un’importante – e per certi versi rivoluzionaria – revisione globale che costituirà un o dei documenti preparatori fondamentali della Convention on Biological Diversity (CBD) che si terrà in Cina a fine anno e dovrebbe aiutare il governo conservatore britannico a definire l’agenda del suo piano ambientale venticinquennale.
La Dasgupta Review era molto attesa dalla comunità scientifica, politica ed economica e rileva che «L’umanità ha collettivamente gestito male il suo “portafoglio globale di risorse”, il che significa che le richieste fatte alla natura superano di gran lunga la sua capacità di fornire i beni e servizi su cui tutti facciamo affidamento».
La revisione sostiene anche che «Quando si tratta di giudicare la salute economica delle nazioni, il prodotto interno lordo non è più adatto allo scopo». Secondo Dasgupta, «Il PIL è basato su un’applicazione errata dell’economia che non include il deprezzamento dei beni, come il degrado della biosfera».
Il famoso economista pluripremiato ha spiegato che «Il mio obiettivo principale è la ricostruzione dell’economia per includere la natura come ingrediente. Una crescita e uno sviluppo economici veramente sostenibili significa riconoscere che la nostra prosperità a lungo termine si basa sul riequilibrio della nostra domanda di beni e servizi della natura con la sua capacità di fornirli. Economia sostenibile significa utilizzare una misura diversa del PIL. Significa anche tenere pienamente conto dell’impatto delle nostre interazioni con la Natura a tutti i livelli della società. Il Covid-19 ci ha mostrato cosa può succedere se non lo facciamo».
Il Tesoro britannico sembra quasi sopraffatto dai risultati di quel che ha commissionato e ha annunciato che esaminerà la revisione e risponderà formalmente a tempo debito. Ma, anche se rappresenta una chiarissima critica al neoliberismo e alla società dei consumi, il primo ministro conservatore britannico Boris Johnson ha accolto con favore il rapporto e ha detto che «Chiarisce che proteggere e migliorare la natura ha bisogno di più che buone intenzioni: richiede un’azione concertata e coordinata. Quest’anno è fondamentale per determinare se possiamo fermare e invertire la tendenza preoccupante del rapido declino della biodiversità».
Quello che il rapporto conferma è una crisi quasi giunta al punto di non ritorno: la biodiversità sta diminuendo più velocemente che in qualsiasi momento della storia umana. Dal 1970 ad oggi, c’è stato in media un calo di quasi il 70% nelle popolazioni di mammiferi, uccelli, pesci, rettili e anfibi. Si pensa che un milione di specie animali e vegetali – quasi un quarto del totale globale – siano minacciate di estinzione. Presentando la revisione, l’università di Cambridge ha ricordato che «Al di là del suo valore intrinseco – e discutibilmente incalcolabile -, la biodiversità ci fornisce fondamentali “dividendi” naturali che ci nutrono e ci proteggono: dal sostentamento di base attraverso gli stock ittici o gli insetti che impollinano le colture, alla rigenerazione del suolo e alla regolazione dell’acqua e delle inondazioni. Per non parlare dei valori culturali e spirituali che arricchiscono le nostre vite. La completa assenza di questi “servizi ecosistemici” essenziali nei bilanci nazionali ha intensificato la distruzione del mondo naturale».
La Review sostiene L’attuale crisi di estinzione delle specie che affrontiamo – creata da noi – sta minando la produttività, la resilienza e l’adattabilità della natura. Questo a sua volta ha messo seriamente a rischio le nostre economie, i nostri mezzi di sussistenza e il nostro benessere».
Il rapporto fa un esempio molto semplice delle lacune nella nostra contabilità: quello di un bosco abbattuto per costruire un centro commerciale: «Il PIL registra un aumento del capitale prodotto, ma nessun deprezzamento del “capitale naturale” che assorbe il carbonio, crea un habitat per gli impollinatori tanto necessari e fornisce benefici diretti a noi – dalla ricreazione all’aria purificata – che riducono gli oneri sui servizi sanitari. Queste perdite comportano costi economici».
Invece, riteniamo che le nazioni abbiano economie fiorenti nello stesso momento in cui le loro risorse biologiche vengono decimate. »La natura è la nostra casa – ha sottolineato Dasgupta – Una buona economia richiede che la gestiamo meglio».
Le 600 pagine della sua Review chiariscono che un’azione urgente e trasformativa intrapresa ora sarebbe significativamente meno costosa di un ulteriore ritardo, ma richiederà un cambiamento su tre ampi fronti: Primo, l’umanità deve garantire che le sue richieste nei confronti della natura non superino la sua offerta sostenibile. Dobbiamo aumentare urgentemente l’offerta globale di risorse naturali. Bisogna espandere e gestire meglio le aree protette e attuare politiche che scoraggino le forme di consumo dannose, ad esempio le diete a base di carne. Secondo, dobbiamo adottare parametri diversi per definire il successo economico. Questo richiede di andare verso una misurazione “inclusiva” della ricchezza che, come primo passo essenziale, introduca il capitale naturale nei sistemi contabili nazionali. Alla fine del 2020, Dasgupta è stato tra gli accademici di Cambridge che hanno aiutato le Nazioni Unite a lanciare il loro quadro aggiornato di ” Ecosystems Accounting”. Tuttavia, con questa “ricchezza inclusiva” si dovrebbe andare oltre, facendo in modo che l’economia nazionale possa spiegare tutto, dalla salute umana e le competenze al valore delle comunità, tutti elementi essenziali per ciò che pensiamo come “produttività”. L’università di Cambridge, compreso il team del Bennett Institute for Public Policy, guidato dalla professoressa Diane Coyle, economista ed ex consigliere del Tesoro del Regno Unito, stanno già sfruttando il lavoro di Dasgupta per definire nuovi modi per misurare il successo economico, il capitale fisico, finanziario, umano, naturale e sociale.
Terzo, per consentire questi cambiamenti e sostenerli per le generazioni future, dobbiamo trasformare le nostre istituzioni e sistemi, in particolare la finanza e l’istruzione. Questo include l’aumento dei “flussi finanziari” pubblici e privati âÂÂÂÂâÂÂÂÂche valorizzino le risorse naturali e la diminuzione di quelli che degradano la natura. «Fondamentalmente – spiegano a Cambridge – significa anche responsabilizzare i cittadini a fare scelte informate e chiedere il cambiamento, non da ultimo stabilendo fermamente il mondo naturale nella politica dell’istruzione». Per Dasgupta, «I sistemi educativi dovrebbero introdurre gli studi sulla natura sin dalle prime fasi della nostra vita e rivisitarli negli anni che trascorriamo nell’istruzione secondaria e terziaria».
Le raccomandazioni finali sintetizzate del rapporto comprendono: Rendere sostenibili i sistemi alimentari ed energetici attraverso innovazioni tecnologiche e politiche che modifichino i prezzi e le norme comportamentali; Investire in programmi che forniscano una pianificazione familiare basata sulla comunità; Ampliare e migliorare l’accesso alle aree protette; Implementare investimenti su larga scala e diffusi in soluzioni basate sulla natura per affrontare la perdita di biodiversità; Introduzione del capitale naturale nei sistemi contabili nazionali.
La Revisione indica tre proprietà: mobilità, silenzio e invisibilità, che significano che i processi naturali – e la loro contabilità in economia – differiscono dai beni capitali prodotti e fa notare che «Queste caratteristiche rendono inoltre impossibile risalire ai responsabili di molti dei danni inflitti al mondo naturale». Dasgupta spiega ancora: «In definitiva, ognuno di noi deve servire come giudice e giuria per le proprie azioni. E questo non può accadere a meno che non sviluppiamo un affetto per la Natura e i suoi processi. Se abbiamo a cuore il nostro futuro comune e il futuro comune dei nostri discendenti, dovremmo tutti in parte essere ambientalisti».
Sir David Attenborough, autore della prefazione alla Dasgupta Review che ha descritto come «La bussola di cui abbiamo urgentemente bisogno», conclude: «L’economia è una disciplina che dà forma a decisioni di estrema importanza, e quindi è importante per tutti noi. La Dasgupta Review mette finalmente la biodiversità al centro. Questo rapporto completo e immensamente importante ci mostra come mettendo l’economia e l’ecologia faccia a faccia, possiamo aiutare a salvare il mondo naturale e così facendo salvare noi stessi».