Giovedì, 28 marzo 2024 - ore 23.40

LA CIÀAF DE’L DIALÈT (La chiave del dialetto) | Agostino Melega

In questa rubrica andremo a porre in evidenza i poeti che si sono impegnati in epoca contemporanea nella cura del dialetto in versi, non prima di aver precisato alcune regole pratiche di trascrizione.

| Scritto da Redazione
LA CIÀAF DE’L DIALÈT (La chiave del dialetto) | Agostino Melega

LA CIÀAF DE’L DIALÈT (La chiave del dialetto) | Agostino Melega

In questa rubrica andremo a porre in evidenza i poeti che si sono impegnati in epoca contemporanea nella cura del dialetto in versi, non prima di aver precisato alcune regole pratiche di trascrizione.

 

  • PREMESSA

             In questa rubrica andremo a porre in evidenza i poeti che si sono impegnati in epoca contemporanea nella cura del dialetto in versi, non prima di aver precisato alcune regole pratiche di trascrizione.

 

  •  REGOLE PRATICHE DI TRASCRIZIONE

             Le regole pratiche di trascrizione sono le seguenti:

  • Quando in italiano la vocale è seguita da “consonante semplice”, nella parola in dialetto tale vocale è lunga. Es.: pane = pàan; malato = malàat; caro = càar.
  • Quando in italiano la vocale tonica è seguita da “consonante doppia”, nel vocabolo in dialetto la vocale precedente è sempre breve. Es.: panno = pàn; cortello = curtél; sacco = sàch; matto = màt.
  • Quando in italiano la vocale tonica è seguita da un “suono palatale”, ossia -gn-, -gl-, -sc (scemo) – nel vocabolo corrispondente in dialetto, la vocale tonica che precede tale suono è sempre breve. Es: sogno = sógn; ragno = ràgn; segno = sègn.
  • Una vocale tonica seguita da -m- è sempre breve.

Es.: salàm = salame; vudàm = vuoto; sàm = sciame, confusione.

  • La -i- seguita da vocale è “semivocale” o “semiconsonante” e va indicata con -j-.

Es: j òs = gli ossi, le ossa;  j ös = gli usci; j óc, j ùc = gli occhi; j òm (gli uomini).

  • Le sillabe accentate sono di tue tipi: chiuse e aperte. In sillaba chiusa, finale o non finale, la vocale è sempre lunga se è seguita da un gruppo di consonanti inizianti con -r-, -l-. -m-, -n-: màars - màarsa (marcio, Marzo, marcia); svèeltsvèelta (svelto, svelta); tòolttòolta (preso, comperato, presa, comperata); óombra (ombra); óontóonta (unto, unta).
  • Se il gruppo di consonanti comincia con -s-, la vocale è sempre breve, in “sillaba finale”: pàst (pasto), fùsch (fosco, buio), incrèsp (rugoso, grinzoso), ròst (arrosto); mentre in “sillaba non finale” è sempre lunga; pàasta (pasta), téesta (testa), incréespa (rugosa), lüü el càasca (egli cade), piàastra (piastra), dèestra (destra), mùusca (mosca) (1).
  • Riccardo Magri, Tavola di trascrizione semplificata per il dialetto cremonese, Comitato promotore di studi e ricerche di dialettologia, storia e folklore cremonese, su promozione del Gruppo dialettale cremonese “El Zàch”, stampa a cura del Comune di Cremona, senza data (pubblicato negli anni Ottanta del 1900).
  • Cfr. pure dello stesso Autore, Introduzione allo studio del Dialetto Cremonese come lingua scritta, Gruppo dialettale cremonese “El Zàch”, Quartiere n° 2 (Porta Po), stampato in proprio, Cremona 1985;  Dialetto Cremonese di città e dei paesi. Ortografia e Grammatica, Editrice Turris, Tipografia Fantigrafica, Cremona 1995.

 

  • LO SPARTIACQUE DELLA PAGINA DE “LA PROVINCIA”

Gianfranco Taglietti racconta che agli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso è maturata negli ambienti culturali di Cremona la disposizione “a considerare le composizioni in dialetto non tanto un’amena piacevolezza quanto un modo di espressione letteraria degna anch’essa di considerazione” (1).

  Si addivenne così, nel 1962, alla costituzione di un Comitato promotore di studi e ricerche di dialettologia, storia e folklore cremonese, presieduto dal prof. Angelo Monteverdi, filologo insigne, presidente dell’Accademia dei Lincei.

 Lo stesso Comitato rivolse quindi un appello alla cittadinanza il 31 dicembre 1961 sul quotidiano “La Provincia”, dal titolo “Salviamo il nostro dialetto”. Ed avvenne che numerosi cittadini portarono, dal 1962 in poi, contributi di idee e di materiali alla pagina riguardante il vernacolo che già allora veniva pubblicata sul giornale locale. E fu così che numerosi compositori saggiarono le loro capacità e vennero a comparire, per la prima volta, “le firme di nuovi poeti in dialetto, che hanno poi percorso la loro strada, pubblicato volumi, partecipato a concorsi, conquistato la loro porzione di gloria” (2).

 Il professor Taglietti riporta i nomi di questi “nuovi pionieri” della pagina poetica scritta, i quali, in quegli anni, si attivarono sulla strada della riscoperta e valorizzazione del vernacolo, vale a dire: Renzo Bodana, Carla Magda Bodini, Silvano Bottoni, Eugenio Calvi, Umberto Carantani, Alfredo Carubelli, Luciano Dacquati, Enzo Gerevini (Genzo), Pierluigi Lanzoni, Gigi Manfredini, Mara Soldi Maretti, Gino Olzi, Adolfo Sanguanini, Luigi Talamazzi (3).

 Non va dimenticato inoltre che agli albori dei primi anni Sessanta “videro la luce due volumi basilari per penetrare nella spiritualità cremonese: i Modi di dire di Antonio Cazzaniga e i Proverbi di Paolo Brianzi” (4).

 

  • Gianfranco Taglietti, Esplorazione nell’area dei dialetti (1980-1985), Provincia di Cremona, Fantigrafica, Cremona 1988, p.71.
  • Ibidem, p.72.
  • Ibidem.
  • Ibidem.

 I POETI DEGLI ANNI SESSANTA DEL ‘900, A PARTIRE DA RENZO BODANA

 Vediamo allora il primo dei poeti indicati nel pro-memoria del Taglietti, ossia Renzo Bodana (1929 - 2000), un caro amico ormai scomparso da diverso tempo, con il quale ho collaborato per anni nella stesura della pagina sul dialetto pubblicata dal settimanale Mondo Padano di Cremona.

  Nativo di Torre Picenardi, egli fu professore di lettere presso le scuole medie a Cremona, Milano e poi ancora a Cremona e a San Daniele Po.  Presente spesso nelle Commissioni giudicatrici di vari concorsi di poesia e di prosa in dialetto, ebbe la fiducia dei componenti del  Gruppo dialettale El Zàch, al quale anch’egli si era associato.   

  Ed avvenne che diversi Autori del Zàch gli affidarono le loro opere da chiosare, diventando così il commentatore ufficiale del gruppo, attraverso analisi critiche riguardanti gli scritti di Primo Marini, Francesco Sandri, Uliana Signorini Romanenghi, Tina Ardigò, Aristide Massera ed altri (1).

  Andremo a proporre ora una sua poesia dal titolo Pütél, tegnùmese per màan, nel segno di una fremente invocazione con l’invito pressante a procedere insieme, padre e figlio, nel cammino della vita.

  L’Autore sente che il rapporto col suo ragazzo sta modificandosi, le loro mani non si stringono più come un tempo, un aspetto questo sollecitato forse dall’esterno attraverso consigli mirati a staccare il figlio dalla dipendenza tutelare paterna.  E nello stesso tempo il Bodana riconosce di essere stato risoluto e severo col figlio, pur col dubbio che prima o poi avrebbe dovuto allentare le “briglie educative”.

  Altrettanto l’Autore ammette la difficoltà nell’individuare il percorso migliore e più adeguato nel rapporto intessuto col figlio, con la preoccupazione dei rischi presenti che un mondo balordo può nascondere sulla strada della vita di un ragazzo.

  Nel contempo diventa automatico il confronto fra generazioni diverse, a partire dai tempi nei quali - Bodana commenta - i vecchi “i sìiva gnàan jöna, de li ròobi che mé gh’ò stüdiàat (non conoscevano nemmeno una, delle cose che io ho studiato) e nonostante questo essi “j è sèen stàt, per mé,  la scóola püsèe gràanda de la vìta (sono sempre stati, per me, la scuola più grande della vita)”. Ed infine si presenta accorato l’appello del padre nei confronti del figlio, chiedendogli con grande intensità emotiva: “Pütel, endùm avàanti inséma!... E, intàan che té t’impàaret a diventàa gràant, mé impàari a fa ‘l pupà (Bambino, andiamo avanti insieme!... E, intanto che tu impari a diventare grande, io imparo a fare il papà)”.

 

PÜTÉL, TEGNÙMESE PER MÀAN

Regàs, tegùmese per màan!

Àan chèest, incóo, ‘l è sì difìcil!

Màan, màan che pàsa i dé,

sèenti che li se strèens de méen!

Ma ‘sa te dìghei chèi de fóora?

Che te séet bòon de tègner,

de per té, la bréa?...

Pütél!... mé ‘l sòo: li me réedeni

j è, quàai vòolti, ‘n pòo gajàardi,

... di mumèent, sùn stàt fìn indüvìis*                   *dubbioso

per chéla de tiràa: pàar quàaši

che li vóbia bris’ciàa jà!

Però li t’à màai fàt màal!

Li t’à màai sturšìit i làber!

‘Sa ‘l è difìcil fàa ‘l pupà!

‘L è ‘n mestèer che se sà mìia

‘ndùa imparàal! I fióoi i và fóora

a na manéera e se sà mìia

s’i turnarà e cùma i turnarà.

I me šèent, ch’i sìiva gnàan jöna,

de li ròobi che mé gh’ò stüdiàat,

j è sèen stàt, per mé, la scóola

püsèe gràanda de la vìta:

i sacrifìsi, el cóor, el rispét...

per tüt gh’éera na sülüsiòon...

Invéci, mé, pódi dìite stè lesiòon

che mé sìivi a memòoria!

Pütel, endùm avàanti inséma!...

Mé ‘l sòo che ‘l è difìcil

àan a fàa ‘l regàs, a’l dé d’incóo!

Però, t’èet mìia de vìi premüüra

de pasàa j àn a la svèelta;

la gioventü l’è mìia ‘n difèt!

Te séet sèen a tèemp a diventàa gràand!

La rešòon, el tèemp, a la to età,

j è sèen cun té.

Ma, quàant jöön ‘l è mìia giùuven,

el gh’à sèen tòort: i so erùur

i pàar muntàgne, e che fadìiga a tóoghe còl!*          *a riprendere il senso delle cose (l’equilibrio)

Tegnùmese per màan, pütél!

E, intàan che té t’impàaret

a diventàa gràant, mé impàari

a fa ‘l pupà.

Pütél, endùm avàanti insèma!

Tegnùmese per màan (2).

 

BAMBINO, TENIAMOCI PER MANO. Ragazzo, teniamoci per mano!/ Anche questo, oggi, è così difficile!/ Man mano che passano i giorni,/ sento che si allenta la loro presa!/ Ma cosa dicono quelli di fuori? Che sei in grado di tenere, da solo, la briglia?... / Bambino... io lo so; le mie redini/ sono, qualche volta, un po’ risolute,/ ... certi momenti, sono stato persino indeciso/ per quella da tirare: sembra quasi/ che vogliano scivolare via!/ Però, non ti hanno mai fatto male! Non ti hanno mai fatto storcere le labbra!/ Com’è difficile fare il papà!/ E’ un lavoro che non si sa/ dove impararlo!  I figli escono in un modo e non si sa/ se essi torneranno e come torneranno./ La mia gente, che non conoscevano nemmeno una,/ delle cose che io ho studiato,/ sono stati, per me, la scuola più grande della vita:/ i sacrifici, il cuore, il rispetto.../ per tutto c’era una soluzione.../ Invece, io, non posso ripeterti questa lezione/ che io conoscevo a memoria!/ Bambino, andiamo avanti insieme!.../ Io so che è difficile/ anche ad essere un ragazzo, al giorno d’oggi!/ Però, non devi avere premura/ di attraversare gli anni troppo in fretta;/ la gioventù non è un difetto!/ Sei sempre in tempo a diventare grande!/ La ragione, il tempo, alla tua età, sono sempre con te./ Ma, quando uno non è giovane,/ ha sempre torto: i suoi errori/ sembrano montagne, e che fatica a riprendere il senso delle cose!/ Teniamoci per mano, bambino!/ E, intanto che tu impari/ a diventar grande, io imparo/ a fare il papà./ Bambino, andiamo avanti insieme! Teniamoci per mano.// (Traduzione nostra)

 

  • Gianfranco Taglietti, Le Voci dei nostri dialetti. Presentazione e commento alle composizioni di 85 autori della provincia di Cremona, prefazione di Agostino Melega, Cremona Oggi, Industria Grafica Editoriale Pizzorni, Cremona 2012, p.37.
  • Gruppo Dialettale Cremonese “El Zàch”, S’ciarùur de zàch, Antologia di versi e prose in dialetto cremonese, a cura di Renzo Bodana, TipoLito Gerevini, Piadena (CR) 1992, pp.159-160.

 

  • GLI ACCENTI DI RENZO BODANA

Come si è potuto evincere dalla lettura della poesia, sono presenti nel vernacolo di Renzo Bodana alcuni particolari accenti e parole propri di Torre Picenardi, il suo paese natale, come chèest anziché l’urbano chéesto, così come il verbo tègner (tenere), diverso dall’urbano tégner, i mé šèent, in luogo del cittadino la me gèent, li ròobi, speculare ma difforme da le ròbe, la sülüsiòon “turbata” rispetto a la solüsiòon all’ombra del Torrazzo. Dicasi la stessa cosa per tüt, che in città si trasforma in töt, così come stè (questo), con un accento che si volatizza nella città della Mina e di Tognazzi, dove il termine rimane senza cappello e diventa ste.

 Un gioiellino linguistico è poi quell’ indüvìis posto a significare  l’aggettivo italiano “dubbioso”. Senza dimenticare inoltre l’endùm (andiamo), che all’interno della cerchia muraria cittadina si pronuncia con andöm, o ‘ndöm, dal verbo andàa o ‘ndàa (andare). Così come l’insèma di Bodana che diventa a Cremona inséma, con la lettera -e- dall’accento stretto. Al pari del sintetico t’èet mìia di Torre Picenardi che nel vernacolo urbano si amplia con te gh’èet mìia. A sua volta il difèt (difetto) diventa un difét e la rešòon (ragione) si addolcisce ne la ragiòon grigiorossa. Altrettanto il giùuven (giovane) muta nel cittadino gióovin. Ed insèma (insieme) si stringe in inséma. Tutto ciò non è un segno della babele dei dialetti, ma piuttosto il fior fiore della loro ricchezza semantico identitaria.

Nella prossima puntata andremo ad incontrare la poesia della verseggiatrice Carla Magda Bodini.

 

 

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