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Patagonia. Prezioso silenzio |M.Cazzaniga

| Scritto da Redazione
Patagonia. Prezioso silenzio |M.Cazzaniga

Sono in Patagonia. Quest'anno infatti, prima di raggiungere Posadas, avevo deciso di venire fin qui per incontrare Marcelo Valsecchi, sacerdote salesiano che ho conosciuto alla Escuela Don Bosco e ora missionario in queste terre, a stretto contatto con la comunita´ Mapuche.

Viaggio difficile. Terre lontane. Scioperi selvaggi con una notte obbligata a Buenos Aires "gentilmente" offerta da Aerolineas Argentinas per le sue inadempienze.
Montevideo e poi da Bariloche, con la mia classica scelta di un bus di linea per vivere la quotidianita´ degli argentini, dopo 4 ore sono giunto a Junin de Los Andes, piccolo paesino di 14 mila abitanti.

Case basse, strade ampie e parallele, poco traffico.
Valli aperte, incontaminate. Il Cile e´ a pochi km. Quasi freddo, siamo in primavera.

La mia stanzetta nel centro salesiano "Ceferino"  e´ sobria ma funzionale.
Ieri sera una visita veloce a San Martin de Los Andes, cittadina turistica con una sua armonia architettonica somigliante ai nostri paesini del Trentino. Rispettosa dell'ambiente, a differenza della internazionalmente famosa Bariloche, squassata dalla speculazione edilizia che ha risposto solo a beceri interessi economici per un turismo di massa.

Ieri mattina Marcelo mi dice di accompagnarlo ad un ufficio funebre di un ragazzino mapuche da poco deceduto per malattia. Poche informazioni precise.

Dopo una dolce strada asfaltata ci inerpichiamo con il suo potente fuoristrada, da poco donato da una Fondazione austriaca, su piccoli sentieri sterrati fino a raggiungere una casa dove da lontano si intravedono molte auto parcheggiate e persone radunate.

Ci aspettano. Una donna ci viene incontro e abbraccia Marcelo intensamente sospendendo il corso dei minuti.

Le pelli sono scure. I capelli corvini. Abiti comodi e stivaletti. La bara e´protetta da un pesante telone di plastica.

Non mi piace vedere i morti. Ma voglio vederlo. Capelli lunghi. Il viso paffuto. Composto.

Si celebra la Santa Messa e prima che si chiuda la bara tutti passano per l'ultimo saluto.

Prezioso silenzio. Spezzato dal pianto prolungato dell'esile madre.

Tutto e´dilatato e lento.  Mi spiegano che i Mapuche definiscono il tempo per l'uomo e non l'uomo per il tempo.

Una donna della famiglia dice a voce alta: " Vi ringrazio di essere qui´ a condividere il dolore della nostra famiglia. A Gabriel Alejandro offriamo per l'ultima volta tutto quello che amava.

Un pallone di calcio, una tazza di cioccolata. Indossa la sua camicia bianca preferita; calza le sue scarpe da gaucho. Il corteo sara' preceduto dal suo cavallo che cavalcava nel suo giocare.

Ci si incammina verso il cimitero sempre in un silenzio dorato e definitivamente  privo di quegli odiosi applausi che in modo indecente stanno infestando manifestazioni che dovrebbero espremire la compostezza e il pudore verso il dolore.

Un piccolo fazzoletto di terra recintato in un angolo della valle. In lontananza le Ande innevate.

Mi informo sulle modalita´del suo decesso. Peritonite. Non ci credo. Si', mi risponde un vecchio, in disparte, vicino al filo spinato. E' stato curato male dai medici e aveva solo 12 anni.

La commozione che mi aveva fatto lacrimare si trasforma in indignazione.

La bara scivola inghiottita dalla Terra Madre. Un Mapuche, nella sua lingua, prega un'orazione funebre con la voce spesso interrotta da singhiozzi.

La nonna getta la prima manciata di terra e miracolosamente nello stesso istante out of the blue cadono piccole gocce di pioggia, come se anche il cielo volesse offrire il suo pianto di particelle miracolose.

Ognuno getta quattro manciate di amara terra. Vengono poi deposti sul cumulo, formato da vanghe dolorosamente operose, colorate corone di fiori, una croce e un rosario.

I Mapuche hanno abbracciato in molti la religione cattolica in questi ultimi decenni. Hanno storicamente sempre lottato per la loro sopravvivenza, quasi sterminati a fine ottocento, stanno ora cercando un inserimento nella societa' " civile" o "incivile" che sia,  cercando di preservare la loro identita' , cultura e lingua.

Le lacrime scorrono sui visi di sole aria spazi e beato sara' chi piange perche´ avra´consolazione.

Mi apparto seduto su un tronco che funge da ponticello su un rigagnolo puro e limpido..

Mi raccolgo nei miei pensieri astraendom,i ma chiaramente  condizionato dal contesto.

Guardo la bellezza della valle e le montagne sullo sfondo come cornice.

Il mio pensiero e´ per te, nonna Lina, che ora ci sei.. E vorrei poter consolare.

Oggi il dolore si e' trasformato in festa. Anche se l'ieri non mi ha ancora abbandonato.

Altra comunita' Mapuche. Juan ci accompagna. E´ simpatico e sorride allegro.

Penso abbia la felicita' incorporata nei suoi occhi scuri e nel suo cappello a tesa alta.

Marcelo officia la Santa Messa e poi asado, empanadas, salsicce. Tutto prodotto dalle loro mani

terre lavoro sudore solitudine. Piove e Padre Pepe dice che e´ una benedizione perche´ da

tanto tempo non cadeva tanta acqua e la terra aveva bisogno di bere.

Bingo, regali, giorno della madre. Un regalo meraviglioso e buono: un perdono anticipato.

Pensiamo assieme, dandoci la mano, di dare pace a chi non amiamo e amiamo.

Ritorno veloce a Junin.

La notte arriva fittamente buia.

E vivo.

Maurizio  Cazzaniga
Junin de los Andes, Argentina

21 ottobre 2012

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