Giovedì, 25 aprile 2024 - ore 21.17

Referendum Io voto SI Appello al voto di Luciano Pizzetti

Domenica decideremo del nostro futuro. Se le italiane e gli italiani propenderanno per il SI potrà proseguire con maggior impulso il cammino di riforme e di cambiamento.

| Scritto da Redazione
Referendum Io voto SI Appello al voto di Luciano Pizzetti

Per far si che il Paese sia meglio attrezzato ad affrontare i venti della crisi economica e della disgregazione sociale, rendendo più forte ed efficiente il nostro sistema democratico. Se vincerà il NO tutto rimarrà com’è per lungo tempo ancora. Non si vota su Renzi, non si vota sul jobs act, non si vota sulla buona scuola. Si vota sul funzionamento del sistema istituzionale e politico. Si vota su un buon testo di riforma che attua quei pochi ma essenziali cambiamenti richiesti da molti a gran voce a partire dal 1983. Trentatré anni trascorsi in un eterno gioco dell’oca politico che riportava sempre alla casella di partenza. Ora è possibile raggiungere la meta. Se i cittadini lo vorranno.  Diverse forze politiche e sociali hanno purtroppo perso l’ancoraggio al bene prezioso della coerenza. Forza Italia che questa riforma ha concorso a scrivere votandola in Parlamento. La CGIL che nel programma approvato quasi all’unanimità nel suo ultimo congresso proponeva esattamente i contenuti della riforma. Parte del PD che invece tutto insieme ha sostenuto e approvato la riforma. Solo una cattiva politica può con nonchalance cercare di cancellare nei cittadini la memoria.

Con la riforma non ci siamo inventati nulla, tutto era già stato detto e scritto in questa lunga e sin qui inconcludente marcia. Cosa propone la riforma? Tre sono i pilastri su cui si basa. Trasformazione del bicameralismo, miglioramento  dei rapporti tra lo Stato e le Regioni, rafforzamento della democrazia partecipata.

Trasformare il bicameralismo per rendere il Governo non più forte ma più stabile, sulla base del mandato elettorale. Per rendere il Parlamento maggiormente capace d’indirizzare e controllare, più libero dalle pressioni delle lobby. Per consentire di fare leggi più chiare e in un tempo ragionevole giacché nella moderna società il fattore tempo è un centro di costo. Per ridurre i costi della politica come tutti chiedono a gran voce. Per portare le istanze di Regioni e Comuni nel cuore della decisione politica. Per eliminare quell’autentica anomalia italica imperniata su due Camere che svolgono la medesima funzione in modo sovrapposto, un vero unicum europeo. Sono Parlamenti e Governi deboli, come la storia dimostra, che mettono a rischio la tenuta dei sistemi democratici.

Miglioramento del rapporto tra lo Stato e le Regioni per superare i tanti conflitti istituzionali che si sono generati in questi quindici anni. Non il conflitto bensì la collaborazione tra le istituzioni repubblicane è la premessa per la coesione nazionale e il buon governo dell’economia. Non si centralizza ma si responsabilizza, trasferendo nella Carta Fondamentale le pronunce giurisprudenziali adottate in questi anni dalla Corte Costituzionale in risoluzione delle numerosissime diatribe tra corpi della Repubblica.

Rafforzamento della democrazia partecipata perché nel tempo delle relazioni difficili e tese tra istituzione e popolo occorre utilizzare meglio l’antidoto rappresentato dal più ampio coinvolgimento dei cittadini. Così avverrà con le leggi d’iniziativa popolare che la riforma imporrà al Parlamento di trattare, togliendole dall’odierno sonno perenne in cui precipitano quando li giungono. Impedendo cosi al Parlamento di fare marameo agli italiani che vogliono proporre e che a tale scopo s’impegnano. Così accadrà col referendum abrogativo, affiancando all’attuale percorso uno assai maggiormente incidente, dove il quorum di validità viene notevolmente abbattuto perché rapportato non alla metà più uno degli elettori aventi diritto ma a quella dei partecipanti alle ultime elezioni politiche. Così si passerà, considerando le elezioni del 2013, dal 50% al 37% di validità. Impedendo le distorcenti campagne astensionistiche e obbligando al confronto nel merito, investendo sulla conoscenza e la consapevolezza delle persone. In più s’introduce  stabilmente il referendum d’indirizzo per orientare le decisioni del Parlamento sulle grandi scelte strategiche nazionali.

Ecco, questa è la riforma. Non un attentato alla democrazia ma il suo potenziamento. Non si rafforzano i poteri del Premier ma quelli delle istituzioni liberamente elette. Gli alti quorum e il voto segreto previsti per gli organi di garanzia impediranno tassativamente alla maggioranza protempore d’impadronirsi delle istituzioni repubblicane. Il Presidente della Repubblica, i giudici della Corte Costituzionale, i membri del Consiglio Superiore della Magistratura non potranno mai più essere eletti senza il concorso delle opposizioni. Neppure in modelli elettorali di tipo maggioritario. In tal modo si rafforzerà il sistema dei pesi e dei contrappesi.  A ulteriore rafforzamento, su richiesta delle minoranze parlamentari,  le leggi elettorali dovranno passare obbligatoriamente il vaglio di legittimità della Corte Costituzionale e prima di quella pronuncia non potranno essere emanate.

Con la riforma non si tocca in alcun modo la prima parte della Costituzione, forse davvero la più bella del mondo. Quella dei diritti, dei doveri, dei valori, vere fondamenta della nostra democrazia postfascista. Quella su cui saremo chiamati a pronunciarci domani è una efficace riorganizzazione della Repubblica. Necessaria perché con la nascita dell’Europa e delle Regioni il nostro sistema si è rivelato sempre più sbilenco e inadeguato, fonte perciò d’indebolimento democratico e di pesanti diseconomie. Il SI non è un salto nel buio ma una scelta consapevole che aiuterà la stabilità dell’Italia in un tempo di gravi turbolenze. Il no è l’eterno immobilismo di cui poi dovremo cessare di lamentarci avendolo liberamente scelto.

Luciano Pizzetti

 

 

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