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Vincenzo Montuori ci presenta il poeta napoletano Michele Sovente

Oggi parliamo di un poeta napoletano con cui ho avuto alcuni scambi epistolari (al tempo in cui ci si inviava lettere scritte a mano e non email), Michele Sovente (1948-2011).

| Scritto da Redazione
Vincenzo  Montuori ci presenta il poeta napoletano Michele Sovente

Vincenzo  Montuori ci presenta il poeta napoletano Michele Sovente

Oggi parliamo di un poeta napoletano con cui ho avuto alcuni scambi epistolari (al tempo in cui ci si inviava lettere scritte a mano e non email), Michele Sovente (1948-2011).

Critico letterario e professore di antropologia culturale all’Accademia di Belle Arti di Napoli, Sovente ha curato per molti anni la pagina culturale de “Il Mattino” di Napoli e si è costruito una propria cifra poetica con una poesia “trilingue” nel senso che scriveva i suoi testi in italiano, la lingua ufficiale, in un latino evangelico, semplice ma fortemente espressivo, la lingua che aveva imparato in seminario e nel napoletano rustico del suo paese, Bacoli, molto diverso dal napoletano di città.

La scelta del dialetto o del latino per Sovente non vuol significare l’intento di restaurare un patrimonio perduto in opposizione alla lingua ufficiale perché, come lui stesso dice , quei tre registri linguistici sono espressione di altrettante facce della sua esperienza che lui intende mescolare in una dimensione poetica magmatica, mobilissima e mutevole come la instabilità della sua terra natale, i Campi Flegrei, zona da sempre caratterizzata da fenomeni para vulcanici (bradisismo, solfatare, etc). Leggiamo questo testo trilingue da “Carbones”, Garzanti, 2002.In italiano:

Ardono in silenzio i carboni

nei vasti flutti dell’ansia

d’autunno e d’inverno

e vaghe ali randage stridono

tra le finestre mentre

fervono nella memoria gli amori

che il silenzio trafigge

e dal carcere fuggono verso

altre facce o figure

crepitando i carboni

In latino:

Silenter ardent carbones

in vastis autumnalibus

vel hiemalis fluctibus

anxietatis et strident

vagae alae vagantes trans

fenestras dum fervent

in memoria amores quos

pungit silentium et fugiunt

carbones de carcere ad

alias facies vel figuras

Nel dialetto di Bacoli:

Jardeno chiano  ‘i gravune

quanno ll’ autunno o ll’imberno

spanne ll’onne ‘i na pena

e scelle siscano a luongo

p’’ i senghe r’’ i ffineste

tramente ca jarde ll’ ammore

ra n’ arricuordo a n’ato

e r’’ u carcere p‘’u munno

a cercò ati cristiane, ati

fiure fujeno ‘i gravune.

MICHELE. SOVENTE

 

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