Mercoledì, 24 aprile 2024 - ore 03.01

Alfano e la contiguità mafiosa del comune di Reggio Calabria | Alessandro Lucia

| Scritto da Redazione
Alfano e la contiguità mafiosa del comune di Reggio Calabria | Alessandro Lucia

Twitter è un social network in cui le informazioni, non sempre affidabili, corrono a velocità incredibile. Sfogliando (metaforicamente) i tweet della giornata di ieri leggo che diversi utenti accennano alla solidarietà che Angelino Alfano, segretario del Pdl, avrebbe mandato ai componenti della giunta comunale di Reggio Calabria sciolta per contiguità con la ‘ndrangheta il giorno prima. Penso sia una bufala, perché nemmeno il segretario-maggiordomo di Berlusconi potrebbe fare un’uscita del genere. E invece è tutto vero, ma Alfano non si è limitato “solo” a solidarizzare con la giunta indagata, bensì ha anche prodotto ingegnose argomentazioni e sofismi, vediamoli:

“Un’intera città è stata offesa e penalizzata, tutti gli amministratori, sindaco in testa, hanno fatto della moralità e della legalità elementi cardine dell’azione amministrativa”

Se la città è stata penalizzata, non è certo perché il comune è stato sciolto. Va bene la presunzione d’innocenza, ma i grossi sospetti della contiguità mafiosa messi sul tavolo dalle forze dell’ordine non sono cosa da poco. Sarebbe stato molto più “penalizzante” (diciamo così) se una giunta e un consiglio comunale con a carico accuse così pesanti fosse rimasto in condizione di governare una città. E permettetemi almeno il beneficio del dubbio sulla “moralità e legalità” di questi amministratori, parole vuote che sembrano più che altro un indignato tentativo di mascherare l’evidenza dei fatti.

Scagliandosi poi contro “coloro che, orfani di consenso popolare, hanno tifato cinicamente per lo scioglimento, incuranti del bene della città”, Alfano dimostra ancora una volta un aspetto tipico del berlusconiano doc: delegittimare chi gli mette i bastoni tra le ruote, chi tenta di promuovere la legalità e combattere il degrado della politica, mostrandoli come nemici del popolo, appunto “incuranti del bene della città”. Si tratta di una mistificazione della realtà, da parte di un partito che si trova sempre di più con le spalle al muro e che sta finalmente pagando la mediocre qualità civile della gente che ha candidato ed eletto. Giorno dopo giorno cadono i tanti pezzettini del muro di omertà e illegalità eretto negli ultimi vent’anni dal partito che fu Forza Italia. Stare qui ad elencarli tutti sarebbe inutile, ma l’esempio Lombardia, con i suoi tredici indagati (di cui dodici dell’accoppiata Pdl-Lega) è lampante, per non parlare dei grandi nomi di Dell’Utri, Andreotti, Previti eccetera eccetera.

Non manca poi di attaccare, seppur indirettamente, il governo, richiamando alla memoria il fatto che la città di Reggio Calabria, dai passati governi di centrodestra, ha sempre ricevuto pieno sostegno, mentre questo li sta abbandonando. Starà scherzando, perché lo saprà benissimo l’ex ministro della Giustizia che se si scioglie un comune non è per divertimento o sadismo verso i suoi cittadini, ma i motivi ci saranno (anzi, ci sono), e attaccare in modo così vergognosamente sfacciato questa decisione porta a chiedersi se Alfano creda davvero a quello che dice, perché i casi sono due: o è un incredibile esercizio di retorica con triplo salto carpiato linguistico-concettuale con non si capisce bene quale finalità, o è la pura e semplice esplicitazione di una “mafiosità” che nel Popolo delle Libertà trova e ha trovato terreno fertile su cui proliferare e diffondersi.

 

Alessandro Lucia

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