Giovedì, 25 aprile 2024 - ore 23.28

Vince sempre Berlusconi | Alessandro Lucia

| Scritto da Redazione
Vince sempre Berlusconi | Alessandro Lucia

Forse lo so perché alla dirigenza del PD non è minimamente passato per la testa di votare Rodotà dopo aver proposto, nell’incredulità generale, il nome di Marini la prima volta. Stefano Rodotà, oltre ad essere eminente costituzionalista ed ex presidente del Partito Democratico della Sinistra (requisiti che deporrebbero a suo favore, almeno seguendo la logica comune), è anche presidente onorario del comitato Articolo 33 di Bologna, promotore del referendum sulle scuole dell’infanzia con cui la dirigenza del PD locale è in guerra aperta.

Ma non può essere solo questo. La salvaguardia dell’apparato di Partito non può essere la sola spiegazione. Allora non ci viene difficile chiarirci tutta la faccenda se pensiamo che sì, il presidente della Repubblica deve essere un nome condiviso e non di parte, eccetera eccetera. Un ritornello che abbiamo sentito fino alla nausea, in questa settimana. Quello che viene sempre difficile da accettare è come mai, nella sicuramente geniale mente degli strateghi del PD “larghe intese” significhi sempre “Berlusconi”. Specie dopo settimane in cui il segretario del partito ha ribadito che no, il governo con la destra non si poteva fare e che si cercava un dialogo con i cinque stelle. Ma allora perché? In una situazione di stallo politico come quella uscita dalle elezioni, l’elezione del capo dello stato non è un semplice accordo su una figura istituzionale di garanzia per il paese. La scelta dell’inquilino del Quirinale è il marchio che il partito di maggioranza, il PD, vuole dare al futuro governo. Un governo di cambiamento, o un governo di conservazione? Che riforme puoi mai fare con Berlusconi? I dirigenti PD sanno benissimo che un presidente Rodotà non avrebbe permesso né un governo tecnico, né un’alleanza PD-PdL. Un presidente Prodi men che meno. Ma un presidente Marini sì. E un presidente Napolitano (bis, peraltro) anche, eccome se l’avrebbe permesso. L’ha già fatto ed è facile che lo rifarà.

E’ questa la sconfitta di Bersani: non essere riuscito a dar seguito alle belle parole del post voto, sul rifiuto del governissimo, sulla necessità del governo di cambiamento. La grande sconfitta di Bersani è stata non aver saputo ascoltare (per l’ennesima volta) il buonsenso di quelli come Civati, o Barca, o più semplicemente gli esponenti della giovanile di partito che occupavano le sedi e i circoli. Tra una votazione e l’altra, nell’attesa delle decisioni per chi dovesse essere il successore dell’ex leader dei miglioristi del PCI, quei milioni di elettori di sinistra, e gli stessi parlamentari, si aspettavano di sentire uscire una giustificazione dalla bocca del segretario tanto ciecamente supportato. Rodotà no, perché è troppo di sinistra. Rodotà no, perché è grillino. Rodotà no, perché ha l’accento sulla “a” finale e stona. Cose così, qualsiasi cosa. Ma Bersani non ha detto nulla. E allora passi Prodi, che è una figura ineccepibile, ma quando centouno franchi tiratori hanno deciso che neanche Prodi andava bene, si è capito che Bersani aveva definitivamente perso il controllo del partito, ammesso che l’abbia mai avuto, e ha mollato, insieme a tutta la segreteria. Ma da chi è stato affossato Prodi? Da chi lavora da anni per un’alleanza perpetua con Berlusconi, da chi si dichiara di sinistra ma guarda a destra per la sua personale sopravvivenza, in cerca di un appiglio per non affogare, invece che farsi da parte una volta per tutte. Rodotà e Prodi avrebbero cancellato Berlusconi. Per questo gran parte dei dirigenti PD s'è ben guardata dall'appoggiarli. Senza Berlusconi, la loro esistenza politica non avrebbe più senso.

Forse non è tutta colpa di Bersani in fondo, ma dopo che aveva resistito all’ondata rottamatrice delle primarie, con la ben poco lungimirante strategia d’apparato in tre giorni i dirigenti sono riusciti a: dare ragione a Renzi, creare i presupposti per un governo con la destra (il governo del cambiamento lo facciamo con Alfano?), far impennare i consensi di Grillo, buttare all’aria tutto il lavoro fatto dalle primarie per i parlamentari e soprattutto far passare Silvio Berlusconi come uno statista responsabile. Bel lavoro.

Alessandro Lucia

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