Mercoledì, 24 aprile 2024 - ore 21.30

Cremona Appello di FIGISC Confcommercio e dei Gruppi benzianai Asvicom e Ascom Crema

I gestori degli impianti di distribuzione carburante confermano la loro e assoluta contrarietà al progetto di creazione di una nuova “mega” stazione di servizio al centro Gran Rondò.

| Scritto da Redazione
Cremona Appello di FIGISC Confcommercio e dei Gruppi benzianai Asvicom e Ascom Crema

I gestori degli impianti di distribuzione carburante della FIGISC-CONFCOMMERCIO, di ASCOM CREMA e di ASVICOMconfermano la loro ferma e assoluta contrarietà al progetto di creazione di una nuova “mega” stazione di servizio al centro commerciale Gran Rondò.

Non si tratta di una posizione corporativa di chi ha “rendite” da difendere [ormai il margine lordo, con cui si devono pagare tutti gli oneri di gestione e remunerare il lavoro del gestore, è ridotto a 2/3 centesimi/litro (ossia meno del 2 % del prezzo dei prodotti)], ma della necessità sociale di tutelare occupazione, famiglie ed imprese, da processi di pura e semplice “cannibalizzazione” del settore. Siamo, infatti, assolutamente certi – sulla scorta dell’esperienza accumulata in tutte le situazioni analoghe verificatesi sul territorio nazionale - che la nascita del nuovo “polo” dei carburanti avrà ricadute pesantissime sulle gestioni carburanti esistenti nella attuale rete distributiva dei carburanti e sulla relativa occupazione.

Le stazioni di servizio che operano nella grande distribuzione sono in grado di erogare l’equivalente di dodici-quindici impianti ordinari: ciò significa non solo mettere sicuramente sul lastrico altrettanti impianti, ma altresì precarizzare una parte di rete del territorio ancora più ampia, sottraendo quote di erogato tali da portare al default il già precario equilibrio economico delle gestioni interessate. A rischio, quindi, sono almeno una ventina di aziende.

Al di là del fatto che leggi e normative possano oggi consentire – se ricorrono i requisiti - una assoluta libertà di apertura ed insediamento dei punti vendita - che pure contrasta, a semplice livello di buon senso, con la necessità di razionalizzare una rete che è troppo polverizzata e pertanto poco efficiente [gli erogati medi nazionali per impianto sono pari a 1,1 milioni di litri contro i 3 o 4 di altri Paesi comunitari] -, al di là della sensibilità a tutte le opportunità di ridurre il prezzo dei carburanti [obiettivo che i gestori sottoscrivono in pieno], è opportuno che Amministratori ed Eletti, a tutti i livelli, si rendano, prima di decidere, ben consapevoli delle realtà che contraddistinguono questo mercato.

Naturalmente, tutti sono sensibili alle opportunità di ridurre il prezzo dei carburanti per le famiglie e le imprese [traguardo che i gestori sottoscrivono in pieno], ma questo obiettivo non può essere perseguito scegliendo la via più semplicistica e delegata agli interessi dei “poteri forti” del mercato. Occorre piuttosto mettere in campo strategie finalizzate al bene comune, rispettose delle persone, dei diritti (e in particolare quello al lavoro) di imprenditori e dei loro dipendenti. Sono valori che devono accompagnare ogni amministratore e che, in più occasioni, ha dichiarato il sindaco Bonaldi di sentire come propri, richiamando l’importanza, anche sociale, del sistema di vicinato di commercio e servizi. Ha ribadito come “Non siano le mura a fare le città, ma gli uomini che le abitano, il loro sentirsi e farsi riconoscere come comunità. La città rimane l’espressione più alta della pratica sociale”. È bene che si sappia in primo luogo che sui prezzi in Italia pesa una fiscalità che è mediamente superiore di 24-25 centesimi/litri di quella media comunitaria: un fardello che dal 2012 – dopo gli aumenti record dell’accisa del dicembre 2011 – mette l’Italia al vertice della classifica negativa dei prezzi più alti nell’intera Unione Europea e che è costato agli italiani da allora circa 22 miliardi di euro generati dagli aumenti di accisa sui carburanti e dell’aliquota IVA, un fardello che è stato talmente recessivo da far cadere, da solo, i consumi, per di più nel contesto di una crisi economica che dura da sei anni, del 12 % in pochissimi anni.

In allegato l’intero documento inviato alle autorità Cremasche e Cremonesi 

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