Benigni ha battuto ancora tutti i record di ascolto con lo spettacolo sui 10 comandamenti. A me non è piaciuto per nulla. Andrò controcorrente ma proprio non mi è andato giù. L’ho sempre ammirato questo comico super comunicativo. Molto belle sono state le rappresentazioni sulla Divina Commedia e sulla Costituzione. La prima un’opera d’arte la seconda la legge fondamentale dello stato.
La rappresentazione dei dieci comandamenti, al di là della fede di ognuno, è stata una rappresentazione acritica e non storicizzata. E da un artista , come Benigni, si chiede anche di leggere il presente ( vedi la condizione della donna ad esempio).
Si qualche battuta…Ma una lettura tutta acritica da spot propagandistico. A che serve una rappresentazione così arida?
Leggo da http://www.tvblog.it ‘Quasi trent'anni fa, Benigni non aveva ancora vinto l'Oscar e non era ancora il buono che dev'essere amato e che si consente giusto invettive a ruota contro Berlusconi. E il tono con cui si occupava della questione era decisamente dissacrante:
«I dieci comandamenti, secondo me, nostro signore, al quale tutti vogliamo bene, li ha fatti un po' troppo a favore dei ricchi» spiegava il toscanaccio. Nessun problema che una persona cambi opinione , ma ‘In ogni caso dal premio Oscar per La vita è bella ci saremmo aspettati un’elaborazione artistica un po’ più raffinata, non la semplice e verbosa enunciazione esplicativa’.
In Tv i dieci comandamenti erano già stati giornalisticamente indagati da Enzo Biagi, con l’ausilio di monsignor Ersilio Tonini, cardinale di Santa Romana Chiesa. Lì il contesto era chiaro: un giornalista ed un uomo della chiesa che illustra i contenuti di un atto fondamentale per i credenti.
Il tentativo di Benigni di illustrare i dieci comandamenti come la base comune delle tre religione monoteiste ( ebraica. cattolica e mussulmana) non è riuscito.
Inoltre non mi convince l’investimento economico della RAI a favore di Begnigni. Mi pare , visti i tempi, che siano stati spesi troppi denari.
Insomma una pagina della storia artistica di Benigni che non mi piace.
Gian Carlo Storti