Venerdì, 26 aprile 2024 - ore 01.57

I cambiamenti climatici potrebbero innescare la prossima pandemia

Spostando i loro areali, gli animali incontreranno sempre più esseri umani, favorendo il salto di specie

| Scritto da Redazione
I cambiamenti climatici potrebbero innescare la prossima pandemia

Il riscaldamento globale costringerà gli animali selvatici a spostare i loro areali, probabilmente in regioni con una grande popolazione umana, aumentando drasticamente il rischio di un salto virale animali –  esseri umani, cosa che potrebbe portare a la prossima pandemia.

Questo legame tra il cambiamento climatico e la trasmissione virale viene descritto nello studio “Climate Change Increases Cross-species Viral Transmission Risk”, pubblicato su Nature è descritto da un team di ricercatori composto da Colin Carlson, Gregory Albery, Casey Zipfel e Shweta Bansal (Georgetown University),  Cory Merow (università del Connecticut), Evan Eskew (Pacific Lutheran University), Christopher Trisos (università di Cape Town) e Noam Rosse Kevin Olival (EcoHealth Alliance), che hanno condotto la prima valutazione completa di come il cambiamento climatico ristrutturerà il viroma globale dei mammiferi.

Lo studio si concentra sugli spostamenti dell’areale geografico: le migrazioni che le specie intraprenderanno mentre seguiranno i loro habitat in nuove aree e prevede che «Quando incontreranno per la prima volta altri mammiferi, condivideranno migliaia di virus».

Secondo gli scienziati, «Questi cambiamenti forniscono maggiori opportunità per virus come Ebola o coronavirus di emergere in nuove aree, rendendoli più difficili da rintracciare e presenti in nuovi tipi di animali, rendendo più facile per i virus saltare negli esseri umani attraverso una specie di “trampolino di lancio”».

Carlson, del Center for global health science and security del Georgetown University Medical Center e principale autore dello studio, sottolinea che «L’analogia più vicina è in realtà quella con i rischi che vediamo nel commercio di animali selvatici. Ci preoccupiamo dei mercati perché mettere insieme animali ammalati in combinazioni innaturali crea opportunità per questo graduale processo di emergenza, come il modo in cui la SARS è passata dai pipistrelli agli zibetti, poi dagli zibetti alle persone. Ma i mercati non sono più speciali: in un clima che cambia, quel tipo di processo sarà la realtà in natura praticamente ovunque».

La preoccupazione più grande è che gli habitat  animali si sposteranno in modo sproporzionato negli stessi luoghi degli insediamenti umani, creando nuovi hotspot di rischio di ricaduta. I ricercatori avvertono che «Gran parte di questo processo potrebbe essere già in corso nel mondo odierno di 1,2 gradi più caldo e gli sforzi per ridurre le emissioni di gas serra potrebbero non impedire lo svolgersi di questi eventi».

Un’ulteriore importante scoperta è quella dell’impatto che l’aumento delle temperature avrà sui pipistrelli, che rappresentano la maggior parte delle nuove condivisioni virali: «La loro capacità di volare consentirà loro di percorrere lunghe distanze e condividere la maggior parte dei virus. A causa del loro ruolo centrale nell’emergenza virale, i maggiori impatti sono previsti nel sud-est asiatico, un hotspot globale della diversità dei pipistrelli».

Carlson evidenzia che «Ad ogni step, le nostre simulazioni ci hanno colto di sorpresa. Abbiamo passato anni a ricontrollare quei risultati, con dati diversi e ipotesi diverse, ma i modelli ci portano sempre a queste conclusioni. È un esempio davvero sbalorditivo di come, se ci proviamo possiamo in realtà prevedere il futuro».

Dato che i virus hanno iniziano a fare salti di specie a velocità senza precedenti, gli autori dello studio dicono che «L’impatto sulla conservazione e sulla salute umana potrebbe essere sbalorditivo».

Albery, un biologo del College of arts and sciences della Georgetown University, conferma: «Questo meccanismo aggiunge un altro livello al modo in cui i cambiamenti climatici minacceranno la salute umana e animale. Non è chiaro esattamente come questi nuovi virus potrebbero influenzare le specie coinvolte, ma è probabile che molti di essi si tradurranno in nuovi rischi per la conservazione e alimenteranno l’emergere di nuovi focolai negli esseri umani.

Complessivamente, lo studio suggerisce che «Il cambiamento climatico diventerà il più grande fattore di rischio a monte per l’emergenza di malattie, superando problemi di alto profilo come la deforestazione, il commercio di specie selvatiche e l’agricoltura industriale». Per gli autori, «La soluzione è abbinare la sorveglianza delle malattie della fauna selvatica con studi in tempo reale sui cambiamenti ambientali.

Carlson spiega ancora: «Quando un pipistrello dalla coda libera messicano arriva fino agli Appalachi, dovremmo investire nel sapere quali virus si sta portando dietro. Cercare di individuare questi salti dell’ospite in tempo reale è l’unico modo in cui saremo in grado di impedire che questo processo porti a ulteriori ricadute e a più pandemie. Siamo più vicini che mai alla previsione e alla prevenzione della prossima pandemia. Questo è un grande passo avanti verso la previsione: ora dobbiamo iniziare a lavorare sulla metà più difficile del problema».

Sam Scheiner, direttore programmi dela National Science Foundation (NSF) Usa che ha finanziato lo sudio, conclude: «La pandemia di Covid-19 e le precedenti diffusioni di SARS, Ebola e Zika, dimostrano come un virus che passa dagli animali all’uomo può avere effetti enormi. Per prevedere il loro salto negli esseri umani, dobbiamo conoscere la loro diffusione tra gli altri animali. Questa ricerca mostra come i movimenti e le interazioni degli animali dovuti al riscaldamento climatico potrebbero aumentare il numero di virus che saltano tra le specie».

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