Martedì, 23 aprile 2024 - ore 22.55

Il lavoro non è un diritto?

| Scritto da Redazione
Il lavoro non è un diritto?

Sig.ra ministro Fornero .

Le è sfuggita una frase che, anche se rimangiata, La inchioda  dentro una mentalità VIP  (very important person) punitiva nei confronti dei NIP (non import person); il lavoro non è un diritto, avrebbe affermato, dimenticando il riconoscimento costituzionale  che attribuisce al lavoro il valore fondativo della Repubblica.

Ma forse lei  ha ragione, perché riconoscere il diritto al lavoro potrebbe risultate limitativo, come una imposizione esterna che nulla riconosce al vero valore che il lavoro  porta con sé.

In una Democrazia compiuta  la politica  trova  nella società civile e democratica  la fonte della sua convinzione che il lavoro costituisce una fondamentale dimensione dell'esistenza umana.

Nel nostro tempo diventa sempre più rilevante il ruolo del lavoro umano, come fattore produttivo delle ricchezze immateriali e materiali; diventa, inoltre, evidente come il lavoro di un uomo si intrecci naturalmente con quello di altri uomini. Oggi più che mai lavorare è un lavorare con gli altri e un lavorare per gli altri: è un fare qualcosa per qualcuno. Il lavoro è tanto più fecondo e produttivo, quanto più l'uomo è capace di conoscere le potenzialità produttive del lavoro e di leggere in profondità i bisogni dell'altro uomo, per il quale il lavoro è fatto.
Nel progetto  della Democrazia politica  ogni uomo è chiamato al suo sviluppo, e, coerentemente lo sviluppo umano di ciascun uomo costituisce e deve costituire il progresso, che resta così vincolato allo sviluppo.

Dotato d'intelligenza e di libertà, l’uomo è responsabile della sua crescita, così come del suo sviluppo. Aiutato, e talvolta impedito, da coloro che lo educano e lo circondano, ciascuno rimane, quali che siano le influenze che si esercitano su di lui, l'artefice della sua riuscita o del suo fallimento: col solo sforzo della sua intelligenza e della sua volontà, ogni uomo può crescere in umanità, valere di più, essere di più, affermarsi sul suo essere, senza lasciarsi condizionare dalle parvenze dell’apparire.
L'attività umana individuale e collettiva, ossia quell'ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli hanno cercato di migliorare le proprie condizioni di vita, corrisponde al disegno dell’uomo, alla sua storia, al suo destino.

L'uomo deve soggiogare i mezzi di produzione e non restarne soggiogato, deve dominare il progresso, perché non arrivi a contrastare lo sviluppo.

Come persona, l'uomo è quindi soggetto del lavoro.

Come persona l’uomo lavora, compie varie azioni appartenenti al processo del lavoro; esse, indipendentemente dal loro contenuto oggettivo, devono servire tutte alla realizzazione della sua umanità, al compimento della vocazione ad essere persona, che gli è propria a motivo della stessa umanità.
L'uomo deve lavorare per riguardo agli altri uomini, specialmente per riguardo alla propria famiglia, ma anche alla società, alla quale appartiene, alla nazione, della quale è figlio, all'intera società umana, di cui è membro, essendo erede del lavoro di generazioni e insieme co-artefice del futuro di coloro che verranno dopo di lui nel succedersi della storia. Tutto ciò costituisce l'obbligo morale del lavoro, inteso nella sua ampia accezione. Quando occorrerà considerare i diritti morali di ogni uomo per riguardo al lavoro, corrispondenti a questo obbligo, si dovrà avere sempre davanti agli occhi l'intero vasto raggio di riferimenti, nei quali si manifesta il lavoro di ogni soggetto lavorante.

Mi scusi il disturbo

Rosario Amico Roxas

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