La notizia è stata pubblicata lo scorso 30 Maggio, in occasione della Giornata mondiale della sclerosi multipla. Come spiega Gioacchino Tedeschi, Presidente Sin, il nostro è stato il primo Paese a segnalare i casi di infezione da SARS-COV2 nei pazienti con sclerosi multipla, pubblicando la prima analisi MuSC 19, che aveva preso in esame 232 pazienti.
Dallo studio è emerso che più del 10% dei pazienti con sclerosi multipla ha dovuto fare ricorso a cure ospedaliere, e nel 4% circa dei casi si è reso necessario il ricovero nei reparti di terapia intensiva. Nella maggior parte dei casi, i pazienti deceduti soffrivano anche di altre malattie, come ipertensione, diabete, malattie cerebrovascolari, dislipidemia e altre condizioni.
A commentare questi risultati è stato Francesco Patti, Responsabile del Gruppo di Studio Sclerosi Multipla della Sin, che spiega:
E' verosimile ritenere che l'azione di supporto rivolta ai pazienti per far rispettare loro le misure generali di protezione dall'infezione, quali il distanziamento sociale, l'attenzione verso l'igiene, la ridotta esposizione al rischio di essere contagiati (uso mascherine in ospedale, o in ambienti con altre persone, telemedicina, invio a domicilio dei piani terapeutici e persino di certe categorie di farmaci, esenzione dal lavoro) unitamente all'azione immunoregolatoria ed antiinfiammatoria dei farmaci immunoattivi, abbia potuto contenere il possibile maggior rischio d'infezione in persone fragili come quelle con sclerosi multipla.