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Nel 2020 uccisi 42 giornalisti, in 30 anni sono 2.658

| Scritto da Redazione
Nel 2020 uccisi 42 giornalisti, in 30 anni sono 2.658

Secondo il rapporto annuale della Federazione internazionale dei giornalisti (IFJ) quest’anno nel mondo sono stati uccisi 42 giornalisti e operatori dei media mentre svolgevano il loro lavoro, due dei quali in Europa, in Svezia e in Russia. Altri 235 sono in carcere per questioni legate al loro lavoro. Il Messico è il paese con il maggior numero di reporter uccisi quest’anno, tredici, ed è in cima alla lista per la quarta volta in cinque anni, davanti al Pakistan con cinque. Tre vittime sono state registrate in Afghanistan, India, Nigeria e Iraq.

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L’IFJ iniziò a tenere il conto delle vittime tra gli operatori dell’informazione nel 1990, quando i morti furono 40. In questi trent’anni il conto è cresciuto a dismisura e raggiunge l’incredibile cifra di 2.658 ammazzati, due ogni settimana. La gran parte di loro è stata assassinata per il loro lavoro: ben il 75% sono giornalisti locali che hanno fatto reportage scomodi per qualcuno e sono stati uccisi di proposito con armi da fuoco o da taglio, o dopo essere stati rapiti e torturati. E tristemente nel 90% dei casi indagini e processi, se ci sono stati, non hanno portato a nessun colpevole, dimostrando che uccidere giornalisti è un crimine che paga e non comporta rischi.

In questi tre decenni il Messico, che pure ha un numero altissimo di morti (178), è superato dall’Iraq, il paese che si è dimostrato il più pericoloso per fare informazione sul campo: 340 sono i caduti in trent’anni. Altri 160 sono rimasti uccisi nelle Filippine, 138 in Pakistan e 116 in India. L’Europa, nel suo complesso, dal 1990 ad oggi conta 373 morti, quasi un terzo dei quali in Russia (110).

«Queste non sono solo statistiche. Sono nostri amici e colleghi che hanno dedicato la loro vita e pagato il prezzo più alto per il loro lavoro di giornalisti. Non ci limitiamo a ricordarli, ma perseguiremo ogni caso, spingendo i governi e le forze dell’ordine a consegnare i loro assassini alla giustizia», è il commento a questi numeri di Anthony Bellanger, segretario generale dell’IFJ.

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