Giovedì, 28 marzo 2024 - ore 16.24

Perché c’è un vaccino per il Covid ma non per l’Hiv

| Scritto da Redazione
Perché c’è un vaccino per il Covid ma non per l’Hiv

Un post pubblicato su Facebook, che da novembre è stato condiviso centinaia di volte, confronta la velocità nello sviluppo dei vaccini anticovid al mancato sviluppo di un vaccino contro l’Hiv a quarant’anni dalla scoperta della malattia. Un parallelismo fuorviante, perché se è vero che nel caso dell’Hiv i tempi della ricerca sono decisamente più lunghi, le due malattie sono completamente diverse.

«Si tratta di confronto fuorviante e stupido», osserva Jean-Daniel Lelièvre, capo di immunologia clinica dell’ospedale Henri Mondor, alle porte di Parigi, responsabile della ricerca clinica all’interno del Vaccine Research Institute, intervistato insieme ad altri esperti dall’Afp. Perché questi tempi così differenti nella ricerca di soluzioni per le due malattie? «È abbastanza semplice: abbiamo vaccini per malattie che si curano, cioè per malattie contro le quali abbiamo una protezione naturale. Con morbillo, influenza, epatite B si crea un’immunità naturale. Dal Sars-Cov-2 si guarisce perché produciamo anticorpi al virus. Con il vaccino quindi riproduciamo ciò che viene fatto in natura, perché sappiamo come l’organismo umano si difende da questo virus», spiega il professor Lelièvre. «Nel caso di malattie infettive complesse, come l’Hiv, non c’è risposta immunitaria in natura, anzi l’Hiv distrugge il sistema immunitario. Ecco perché il parallelismo tra Hiv e Sars-Cov-2 è impossibile», aggiunge.

«Il virus Hiv è instabile, muta molto, il che non è il caso del Sars-Cov-2», osserva da parte sua Serawit Bruck-Landais, direttore del Centro di ricerca e qualità in salute di Sidaction, facendo notare che «sono in circolazione diversi sottotipi di Hiv, molto diversi tra loro, mentre per il Sars-Cov-2 ci sono, per il momento, al massimo, due sottotipi non molto diversi gli uni dagli altri».

I tempi rapidi di sviluppo dei vaccini anticovid possono essere spiegati con «l’importante sviluppo tecnologico dell’Rna messaggero», usato dalla Pfizer/BionTech e dalla Moderna, «che ha permesso di accelerare il processo», ricorda il professor Olivier Schwartz, virologo e responsabile dell’unità virus e immunità dell’istituto Pasteur. Inoltre, per il Sars-Cov-2 sono state sfruttate le ricerche condotte nel 2003 all’epoca delle epidemie di Sars-Cov-1 e mers nel sudest asiatico, che tuttavia non erano arrivate alla terza fase di sperimentazione perché l’epidemia si era interrotta, osserva il professor Lelièvre. «Se il Sars-Cov-2 fosse apparso nei primi anni ottanta, come l’Hiv, la ricerca sui vaccini avrebbe richiesto molto più tempo», ha concluso.

Lo sviluppo e l’immissione sul mercato di un nuovo vaccino richiede in genere una media di dieci anni. Tuttavia l’Agenzia europea per i medicinali (Ema), insiste sul fatto che “gli stessi elevati standard normativi di qualità, sicurezza ed efficacia sono applicati ai vaccini contro il Covid-19” come agli altri.

(Giovanna Chioini, Internazionale cc by nc nd)

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