Venerdì, 26 aprile 2024 - ore 22.02

Pianeta Migranti. L’Italia denunciata presso il Comitato Diritti Umani dell’Onu

E’ la prima denuncia sui "respingimenti privatizzati" secondo cui gli Stati costieri dell'UE impegnano navi commerciali a riportare in Libia migranti e rifugiati bisognosi di protezione contravvenendo così all’obbligo di rispettare i diritti umani.

| Scritto da Redazione
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Pianeta Migranti. L’Italia denunciata presso il Comitato Diritti Umani dell’Onu

E’ la prima denuncia sui "respingimenti privatizzati" secondo cui gli Stati costieri dell'UE impegnano navi commerciali a riportare in Libia migranti e rifugiati bisognosi di protezione contravvenendo così all’obbligo di rispettare i diritti umani.

Per aggirare il divieto di respingimento imposto dal diritto internazionale l’Italia affidava ai mercantili il compito di intervenire in soccorso dei barconi carichi di migranti, ordinando poi di coordinarsi con la Guardia costiera di Tripoli per riportarli in Libia, da dove erano fuggiti. E’ un modo per privatizzare i respingimenti.

Lo ha dimostrato il Forensic Oceanography, il centro di ricerche della Goldsmith University di Londra. Da questa prova è partita la denuncia contro l’Italia presso il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite.

La denuncia è fatta su richiesta di un migrante salvato dal mercantile Nivin. Il 7 novembre 2018 la nave panamense, riceve dal Centro nazionale di coordinamento marittimo italiano la richiesta di intervenire in aiuto di un’imbarcazione con 93 migranti in difficoltà nel Mediterraneo. Dopo il soccorso, al Nivin viene detto di contattare la Guardia costiera libica che ordina di riportare i migranti in Libia. Una volta arrivati nel porto di Misurata, però, i migranti non vogliono lasciare la nave sapendo che sarebbero stati riportati nei centri di detenzione. Resistono per dieci giorni, dopo di che, le forze di sicurezza libiche li costringono ad arrendersi usando lacrimogeni e pallottole di gomma. I migranti vengono poi chiusi nei centri libici e sottoposti a violenze e torture.

Un cittadino sud-sudanese che era sul mercantile ha raccontato ai volontari di Medici senza frontiere di “essere stato colpito con una pistola a una gamba, poi arrestato, malmenato, costretto al lavoro forzato e privato di cure mediche per mesi”.

A presentare la denuncia alle Nazioni Unite è stato il Global Legal Action Network (Glan), un’organizzazione di avvocati, accademici e giornalisti investigativi secondo cui “I respingimenti delle persone che l’Italia ha rimandato in Libia erano illegali”. Il Glan fa presente che il fenomeno dei “respingimenti privati” è aumentato in modo significativo dal giugno del 2018, perché gli Stati hanno utilizzato sempre più i mercantili per “cercare di aggirare i loro obblighi verso i migranti”. E a proposito della Nivin, il rapporto della Forensic Oceanography sostiene che l’operazione era “coordinata” dalla Guardia costiera libica “in comunicazione” con una nave della Marina italiana ormeggiata a Tripoli. E ancora: “Il controllo e il coordinamento dell’operazione erano costantemente nelle mani di attori europei e in particolare italiani”.

Il responsabile del Glan, Gearoid O’Cuinn ha dichiarato che “l’Italia ha rinunciato alla responsabilità di rispettare i diritti umani, privatizzando i respingimenti e riportando i migranti in una situazione da incubo in Libia”.

“Il nostro Paese, con i nostri soldi, ha fatto questo”, ha commentato il medico di Lampedusa, ora europarlamentare, Pietro Bartolo. “Dal rapporto della Forensic Oceanography emerge la pratica di arrivare a rivolgersi ai mercantili privati, laddove la Guardia costiera libica non poteva prendere in carico le persone che cercavano di arrivare in Italia. Mi auguro soltanto che le responsabilità vengano individuare il prima possibile”.

 

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