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Cremona e le sue strade. Via Cadolini di Laura Bosio.

| Scritto da Redazione
Cremona e le sue strade. Via Cadolini di Laura Bosio.

Una strada nascosta e un po' defilata, pur trovandosi nel cuore della città: stiamo parlando di via Cadolini, che corre parallerella a corso Campi ma è molto meno nota, se non perché vi si trova la sede della Telecom dove, prima della diffusione massiccia di internet e dei cellulari, i cremonesi erano soliti recarsi per consultare le guide telefoniche di tutta Italia. Altro palazzo degno di nota è quello che fu costruito dai fratelli Alessandro e Carlo Schinchinelli nel 1762.
Via Cadolini non ebbe sempre tale appellativo: fino al 1788, quando venne denominata via della Posta Vecchia, non aveva un nome identificativo. Nel 1871 fu poi chiamata via dell'Orfanotrofio, dall'istituto che vi venne trasferito proprio in quegli anni.
Fu il 20 ottobre 1917 che il suo nome cambiò in quello che detiene tuttora, via Giovanni Cadolini. Il sindaco di allora, Botti, di fronte al consiglio, esaltò la grandezza di Cadolini e ne sottolineò le imprese e l'attaccamento alla città.

Ma chi fu tale Giovanni Cadolini, a cui la via è intitolata?
Nato da una nobile famiglia lombarda il 24 ottobre 1830, il giovane manifestò prestissimo il suo spirito patriottico, quando accorse volontario nella prima guerra d'indipendenza con la colonna cremonese di G. Tibaldi, che si schierò sul monte Suello.
Sopraggiunto l'armistizio, l'allora giovane Cadolini passò in Piemonte, poi in Svizzera e in Toscana, dove aderì a un'associazione armata al servizio del triunivirato Montanelli-Guerrazzi-Mazzoni, guidata da Giacomo Medici. Una volta caduto quest'ultimo, il gruppo si spostò in Emilia e quindi accorse alla difesa di Roma, dove il C. trovò il fratello Pietro, tenente del genio, con cui condivise in seguito molte altre esperienze di lavoro e di lotta. Battendosi col Medici alla difesa del Vascello, venne ferito il 22 giugno 1849 nel fatto d'arme del casino Barberini.

Dopo l'occupazione francese di Roma, rimessosi dalla ferita, Giovanni Cadolini ebbe la possibilità, grazie all'amnistia concessa dagli Austriaci, rientrare in Cremona.
Qui la sua attività militare non terminò: decise infatti di organizzare clandestinamente delle esercitazioni militari insieme a una decina di giovani; l'attività sovversiva si palesò anche con l'introduzione, nel LombardoVeneto, di stampe patriottiche e liberali. L'attività di volantinaggio fu estesa anche a Pavia, dove Cadolini aveva nel frattempo intrapreso gli studi universitari di matematica.
Il giovane fu arrestato il primo maggio 1852, ma riuscì a fuggire nel Regno sardo, stabilendosi a Genova. Qui si laureò, nel 1855, in architettura civile e ingegneria idraulica.
In questa cuttà riprese l'attività cospirativa, curando i contatti del locale comitato mazziniano, presieduto dal Medici, con quello milanese.

Nel 1856 si trasferì in Sardegna, per motivi di laviri dove rimase fino al 1859, quando si arruolò, agli ordini del Medici, tra i Cacciatori delle Alpi. L'adesione alla campagna garibaldina nella seconda guerra d'indipendenza faceva seguito al distacco di Cadolini dalle posizioni mazziniane, maturato attraverso il fallimento dei moti del 1853 e del 1857. Partito col grado di sottotenente e promosso tenente nel corso della campagna, si batté presso Casale (8 maggio 1859), a Varese (26 maggio), a San Fermo, e partecipò ai primi di luglio agli scontri del passo dello Stelvio.
Dopo l'armistizio di Villafranca passò in Emilia, in vista di un'azione garibaldina contro lo Stato pontificio, che venne però bloccata dal governo di Torino. Rientrò dunque nella sua Cremona, ormai unita alla monarchia sabauda, dove fu eletto consigliere provinciale e comunale ed esercitò la carica di assessore municipale.

In vista della spedizione in Sicilia, Cadolini decise di dedicarsi all'arruolamento di volontari.
Il 10 giugno 1860 il C. s'imbarcò per la Sicilia, seguendo di nuovo il Medici, col grado di capitano, al comando di una compagnia di cremonesi. Partecipò alla presa di Milazzo e di Messina e, dopo il passaggio dello stretto, si batté al Volturno, conseguendo il grado di tenente colonnello e meritando la croce dell'Ordine militare di Savoia.
L'accorta strategia di Garibaldi nell'attacco a Afilazzo e in altre imprese, osservata da vicino nel corso delle operazioni, fu per Cadolini fonte di ispirazione, tanto che ne pubblicò uno studio, dal titolo «Garibaldi e l'arte della guerra, nel qule l'autore mise in luce la razionalità della condotta bellica del generale.

Contro gli sforzi dei repubblicani, intesi a ritardare l'annessione del Mezzogiorno al Regno sardo, il Cadolini sostenne invece la necessità di affrettare l'unione. Eletto deputato per la VIII legislatura (1861-65) nel collegio di Pescarolo (Cremona), attaccò però in Parlamento il governo e i moderati per gli atteggiamenti tenuti verso il disciolto esercito meridionale garibaldino e per aver svuotato di contenuto, coi loro emendamenti, il progetto di legge di Garibaldi sulla guardia nazionale mobile. Esponente della Sinistra, entrò a far parte, nel 1862, del comitato direttivo dell'Associazione emancipatrice, in cui convergevano, alla ricerca di un accordo e di nuove iniziative per il completamento dell'unità nazionale, le componenti mazziniana e garibaldina della democrazia. Nello stesso anno tuttavia, di fronte ai rischi della marcia verso Roma intrapresa da Garibaldi ormai in disaccordo col governo Rattazzi, fu inviato in Sicilia, in rappresentanza di una considerevole parte della stessa Sinistra, per sconsigliare quell'azione che avrebbe condotto poi ad Aspromonte. Rischiando l'arresto per il contatto avuto con Garibaldi, Cadolini si rifugiò in Svizzera.

Rieletto a Pescarolo per la IX legislatura (1865-67), si occupò successivamente di varie questioni procedurali e tecniche, nel settore stradale, ferroviario, forestale, e presentò la relazione sul bilancio 1866 del ministero dei Lavori Pubblici. Con lo scoppiare della terza guerra d'indipendenza, Cadolini assunse - col grado di tenente colonnello - il comando del quarto reggimento dei volontari, presidiando la sponda sinistra del Chiese e successivamente, per ordine di Garibaldi, il passo dell'Aprica, decisivo per le comunicazioni tra la Valtellina e la Valcamonica. Queste sue operazioni belliche furono oggetto della pubblicazione Ilquarto reggimento dei volontari ed il corpo d'operazione in Valcamonica nella campagna del 1866 (Firenze 1867), dove mise in luce la lentezza dei provvedimenti per l'ordinamento del corpo dei volontari ed il fatto di non aver ottenuto la nomina al suo fianco degli ufficiali da lui conosciuti e richiesti.

Nel 1867 ottenne segretamente dal ministero della Guerra un certo quantitativo di armi per la spedizione garibaldina nel Lazio, cui tuttavia non partecipò. D'altro canto aveva, fin dal 1866, firmato un ordine del giorno per il diritto storico dell'Italia ad aver Roma capitale. Fu attorno a questo documento che si formò una corrente della Sinistra contrapposta a quella di Francesco Crispi e sempre più orientata verso l'incontro con una parte della Destra, in vista di un'eventuale collaborazione di governo. Rieletto a Pescarolo per la X legislatura (1867-70), Cadolini si affiancò all'esperienza politica di questa nuova sinistra, che si evolvette poi in un "terzo partito", di centrosinistra, fino all'ingresso nel terzo governo Menabrea (1869). Schierato in questa formazione parlamentare, votò, nel marzo 1868, contro la sospensiva della discussione sulla legge per la tassa del macinato, proposta dal Crispi, e presentòn un ordine del giorno, approvato poi dalla Camera, per il passaggio alla discussione della medesima legge, purché la sua definitiva approvazione venisse abbinata con altri provvedimenti finanziari meno impopolari che le facessero da contrappeso.

Logico sbocco del graduale avvicinamento alla Destra fu, nel maggio 1869, l'ingresso nel terzo governo Menabrea come segretario generale ai Lavori Pubblici. Durante la X legislatura, cercò tuttavia di controbilanciare l'avvicinamento alla Destra con il tentativo di far accogliere dal governo talune istanze progressiste (propose l'esenzione dalla tassa di bollo per le piccole azioni delle società popolari, votò contro l'assegno per alimenti ai monaci privi di pensione, presentò un ordine del giorno per la riforma della legge provinciale e comunale). Eletto per l'XI (1870-74) e XII legislatura (1874-76) nel collegio di Ortona, trattò varie questioni tecniche che rientravano nella sua competenza di ingegnere idraulico e seguì i problemi politico-finanziari, oltre che tecnici, dello sviluppo ferroviario, abbracciando la tesi dell'esercizio statale, propria della maggior parte della Destra.

Non fu quindi rieletto nelle votazioni del novembre 1876, vinte in modo schiacciante dalla Sinistra. Si dedicò così alla professione di ingegnere, curando negli anni successivi problemi tecnico-legali, progetti e lavori di interesse pubblico (v. Progetto di una nuova inalveazione del Tevere attraverso i Prati di Castello, Roma 1881; Sultraforo del Sempione, Roma 1883; Ilprogetto di un porto da costruirsi a Grottammare, San Benedetto del Tronto 1887; La direttissima Bologna-Firenze-Roma, Roma 1889; Della indennità per l'espropriazione dei terreni specialmente in Roma, Roma 1889; Ilprogetto di una strada ferrata da Genova a Piacenza, Cremona 1890; La sistemazione del Trasimeno, Roma 1897; Ilnuovo censimento fondiario, Roma s.d.), ma continuando anche a seguire da vicino la vita politica (Riflessioni sulle finanze italiane, Roma 1879; Ipartiti in Italia, discorso all'assemblea dell'associazione costituzionale, Cremona 1880) fino alla sua rielezione nel 1886 nel Primo collegio di Cremona.
Continuò quindi alacremente l'attività parlamentare nel corso delle tre successive legislature, dal 1890 al 1897.
Fu nominato senatore nel 1905 quando, ormai vecchio, portò alla Camera alta un assiduo contributo di competenza tecnica e di esperienza politica, con relazioni su bilanci ed interventi su disegni di legge. Si spense in Roma l'8 giugno 1917.
Laura Bosio

La Redazione ringrazia oltre a Laura Bosio il settimanale Il Piccolo di Cremona che ha concesso la pubblicazione dell'articolo.

cr 4 ottobre 2011

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