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Cremona e le sue strade.Via Claudio Monteverdi di Laura Bosio.

| Scritto da Redazione
Cremona e le sue strade.Via Claudio Monteverdi di Laura Bosio.

Prima di essere intitolata ad uno dei più grandi compositori dell’età barocca, via Monteverdi cambiò diversi nomi. Nel 1509 si chiamava Strata Basolarii, nel 1518 divenne Strata S. Sofia. Nel 1918 venne trasformata in  prolungamento di via Giuseppe Verdi, e come essa venne chiamata Giudecca, dalle case degli ebrei che vi abitavano. Fu nel 1887 che infine prese l’attuale nome, quello del musicista Claudio Monteverdi. Tale nome, dal 1951,  fu esteso anche a quel tratto di strada che si chiamava via Cerasa, cosicché oggi via Monteverdi parte da corso Vittorio Emanuele e finisce in piazza Marconi, recentemente ristrutturata e dotata di parcheggio sotterraneo.

Parliamo di Claudio Monteverdi, celebre compositore cremonese noto in tutto il mondo per aver segnato il passaggio dalla musica rinascimentale a quella barocca. Egli fu uno degli innovatori che accompagnarono l'evoluzione del linguaggio musicale insieme al "principe dei musici", Carlo Gesualdo. Monteverdi scrisse una delle prime opere teatrali in cui fosse sviluppabile una trama drammatica, ovvero un melodramma, «L’Orfeo», e fu fortunato da godere del suo successo mentre era ancora in vita.

Gli anni giovanili
Nato a Cremona nel 1567, studiò contrappunto e viola con Marcantonio Ingegneri (maestro di cappella del Duomo). All’età di 22 anni passò alla corte di Mantova come violista. Nel 1595 accompagnò il duca Vincenzo I Gonzaga di Mantova in un viaggio in Ungheria, e nel 1599 fu di nuovo al suo seguito nelle Fiandre, dove ebbe contatti con la musica di stile francese. Sempre a Mantova fu, dal 1603, maestro di cappella. Stesso ruolo che ricoprì poi, dal 1613 fino alla morte, alla basilica di San Marco a Venezia.
Il 20 maggio 1599 sposò a Mantova Claudia Cattaneo, cantante alla corte dei Gonzaga. Nel 1601 fu nominato maestro della musica dal duca Vincenzo. I suoi compiti comprendevano l'insegnamento, la direzione di un gruppo vocale femminile e la composizione di lavori per il teatro, tra i quali si ricorda il ballo «Gli amori di Diana ed Endimione», per il Carnevale 1604–5, e l'opera «L’Orfeo». Nel 1603 pubblicò il «IV libro de Madrigali» e due anni dopo il «V libro». Lo stile innovativo di queste ultime due raccolte suscitò vive discussioni, culminate in una celebre polemica con il monaco bolognese Giovanni Maria Artusi. Durante il carnevale del 1607 a Mantova, dapprima presso l'Accademia degli Invaghiti e pochi giorni dopo a corte, venne rappresentata la sua prima opera, «L'Orfeo», su libretto di Alessandro Striggio. L'opera ebbe grande successo e venne rapidamente ripresa a Milano, Cremona e, probabilmente, anche a Torino e Firenze.
Il difficile periodo mantovano
Poco dopo l'uscita degli «Scherzi musicali», Monteverdi tornò a Cremona per stare al capezzale della moglie, gravemente malata, la quale morì il 10 settembre di quello stesso anno. Il compositore si trovò così solo con tre figli piccoli ed era assai poco propenso a ritornare a Mantova, tuttavia ricevette una convocazione ufficiale da parte della corte ducale perché partecipasse alle imminenti celebrazioni delle nozze del principe Francesco IV Gonzaga con Margherita di Savoia. Occasione, questa, in cui Monteverdi compose parte degli intermedi per «L'idropica di Guarini», il «Ballo delle Ingrate» e una nuova opera, «L'Arianna», su libretto di Ottavio Rinuccini. A parte questi successi, però, la permanenza di Monteverdi a Mantova non fu priva di amarezze; oltre a sentirsi sottostimato dalla corte, mal sopportava la rivalità col fiorentino Marco da Galliano.
Il compositore tornò così a Cremona in uno stato di profonda prostrazione e deciso a non lavorare più per la corte di Mantova; tuttavia nel corso dell'anno 1609 riprese i contatti con il duca Vincenzo e produsse varie composizioni, tra cui la celebre “Sestina” e la versione polifonica del «Lamento di Arianna» (pubblicato più tardi nel «VI libro dei madrigali»).
Intanto, i rapporti di Monteverdi con la corte dei Gonzaga si facevano sempre più tesi. Alla morte del duca Vincenzo, avvenuta il 18 febbraio 1612, gli successe il figlio primogenito Francesco, che si impegnò subito in un ridimensionamento del lusso della corte. Monteverdi aveva perduto il suo principale sostenitore: il nuovo duca non lo apprezzava altrettanto ed il cardinale Ferdinando sosteneva il suo protetto, il tenore Sante Orlandi. Così, il 29 luglio Claudio Monteverdi, insieme al fratello Cesare, fu bruscamente licenziato e ritornò a Cremona in precarie condizioni economiche.
Gli anni a Venezia
Le cose iniziarono ad andare un po’ meglio quando, il 10 luglio del 1613, morì Giulio Cesare Martinengo, maestro di cappella presso la Basilica di San Marco a Venezia, e Monteverdi venne nominato al suo posto a partire dal 19 agosto.
Il periodo veneziano fu per Monteverdi piuttosto florido e ricco di soddisfazioni, Egli riorganizzò la cappella, ne arricchì la biblioteca e ingaggiò nuovi musicisti. Ora i suoi compiti erano chiaramente definiti e poteva contare sul supporto di assistenti; si sentiva rispettato, il suo salario era regolarmente nutrito da gratifiche. Inoltre, la città gli offriva ricche possibilità di lavoro supplementare.
Nel frattempo continuò la collaborazione con Mantova, egli inviò, tra gli altri, il balletto «Tirsi e Clori» (1616) e l'opera «Andromeda» (1619-1620), oggi perduta.

Gli ordini sacerdotali
Il 9 marzo 1632 Monteverdi prese gli ordini sacerdotali e fece voto di compiere un pellegrinaggio a Loreto; nel suo secondo libro degli «Scherzi musicali», a prova di ciò, egli appare con il titolo di reverendo.
Nel frattempo si intensificarono i rapporti con la corte di Vienna: Monteverdi scrisse un ballo, «Volgendo il ciel per l'immortal sentiero», probabilmente per l'elezione dell'imperatore Ferdinando III verso la fine del 1636.
Monteverdi riprese «L’Arianna» per l'inaugurazione del Teatro di San Moisè nel carnevale 1639-40, e più tardi nel corso della stessa stagione produsse “Il ritorno d'Ulisse in patria” al Teatro San Cassiano (esso fu poi eseguito a Bologna e tornò a Venezia nel carnevale 1640-41). La sua seconda opera veneziana, «Le nozze d'Enea in Lavinia», per il Teatro dei SS. Giovanni e Paolo, carnevale 1640 – 41, è andata perduta. La terza, «L'incoronazione di Poppea», ancora per il Teatro dei SS. Giovanni e Paolo, carnevale 1642-3, fu uno straordinario successo. Non tutta la musica di quest'ultimo capolavoro, giunto a noi da fonti più reenti, è di sicura matrice monteverdiana; probabilmente la scena finale è opera di Francesco Sacrati, tuttavia è una testimonianza dello scintillante successo della carriera degli ultimi anni di Monteverdi, il quale morì a Venezia il 29 novembre 1643, dopo breve malattia, e fu seppellito nella Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari.
Carattere dell'arte monteverdiana è l'estrema libertà rispetto a ogni teoria imperante, in vista della massima intensità espressiva nella più ridotta semplicità dei mezzi. Pur richiamandosi ai modi tonali medievali. Monteverdi contribuiva con le sue dissonanze non "preparate" a sviluppare il senso delle funzioni che si congegneranno poi nella tecnica tonale moderna.
Laura Bosio

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Si ringrazia il giornale Il Piccolo di Cremona per l'autorizzazzione alla pubblicazione

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