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Filmato documenta risposta pacifica dei baha’i iraniani all’oppressione

Il film è stato diretto dal popolare giornalista e regista Maziar Bahari

| Scritto da Redazione
Filmato documenta risposta pacifica dei baha’i iraniani all’oppressione

Il 12 settembre il Regno Unito ha ospitato la prima proiezione del nuovo documentario che racconta la storia dei baha’i iraniani e della loro pacifica risposta a decenni di persecuzione sponsorizzata dallo stato.

Usando interviste, storie personali e documenti d’archivio, spesso fatti uscire dall’Iran con grande rischio personale, il film, intitolato «Per accendere una fiaccola», illustra la resilienza costruttiva dei giovani baha’i iraniani i quali, malgrado i sistematici tentativi compiuti dal governo iraniano per impedire loro di intraprendere gli studi superiori, hanno costruito un’organizzazione informale nota come Istituto bahá’i per gli studi superiori (BIHE), che ha permesso loro di accedere a corsi di livello universitario.

«Si spera che questo documentario, bello e semplice, attragga l’attenzione su una questione che appare nei media solo sporadicamente», ha detto l’attore e drammaturgo anglo-iraniano Omid Djalili, che ha presentato la proiezione nella Hackney Picturehouse di Londra.

Il film è stato diretto dal popolare giornalista e regista Maziar Bahari, che ha lavorato per il Newsweek iraniano dal 1998 al 2011 e ha prodotto molti altri documentarti sull’Iran. Il signor Bahari non è membro della comunità baha’i.  «La storia aveva bisogno di una buona impostazione giornalistica e così è stato», ha detto il signor Djalili, il quale ha definito il documentario «straordinario e molto commovente». Il film documenta vividamente che la minaccia di arresti e imprigionamenti è una realtà quotidiana per i baha’i iraniani, quando accademici cui è vietato esercitare la loro professione cercano di educare giovani in case private. La prima del film è stata seguita da una tavola rotonda presieduta dal signor Djalili. Fra i partecipanti alla tavola rotonda oltre a Maziar Bahari c’erano Payam Akhavan, legale sui diritti umani internazionali, e una studentessa, Baharan Karamzadeh.

«Per giustificare la diffusa repressione nella società iraniana, occorreva costruire un nemico e la scelta è caduta sui baha’i», ha detto il dottor Akhavan. «Il concetto dei baha’i che il governo iraniano ha costruito si basa su una paranoia e sull’odio e non ha nulla ha che vedere con la realtà della Fede baha’i e della sua comunità».

Il dottor Akhavan e il signor Bahari hanno però ammesso che negli ultimi anni un discreto numero di iraniani ha cambiato idea sulla comunità baha’i.

«Molte persone stanno imparando dai baha’i», ha notato il signor Bahari. Ha poi aggiunto che in passato gli iraniani «erano indifferenti alla sorte dei baha’i. Non ci curavamo di interessarcene . . . Trovo vergognoso che nessuno di noi sapesse che i baha’i venivano rapiti e uccisi».

«La gente alla fine verrà a patti con quel vergognoso passato», ha detto il signor Bahari. «Molti giovani iraniani hanno oggi amici baha’i, anche se il governo continua a vessarli e a dipingerli a fosche tinte come prima».

«Per me i baha’i sono un barometro di quanto avviene in Iran e per questo ho voluto girare questo documentario. Se il paese si apre anche di poco, forse grazie a un governo riformista, ai baha’i sono riconosciute alcune libertà. Quando la società è più repressa, i baha’i sono le prime vittime».

La signora Karamzadeh si è iscritta al BIHE per studiare chimica nel 2004. Ha poi proseguito gli studi nel Regno Unito, nell’università di Manchester e ora in quella di St Andrews, dove sta facendo un master.

«Come molti studenti baha’i anch’io sono stata discriminata in Iran e considerata differente», ha detto la signora Karamzadeh.

«Gli insegnanti chiedevano in classe chi fosse baha’i, cosa che ci faceva subito mettere da parte. Ma il BIHE mi ha permesso di studiare liberamente e anche se i corsi si svolgevano in case private, l’istituto ha funzionato relativamente bene», ha detto.

Il signor Bahari ha usato la prima per annunciare una Giornata internazionale, sul tema «l’istruzione non è un crimine», per il 22 febbraio 2015, nella speranza di far comprendere meglio il concetto del diritto all’istruzione. «Queste manifestazioni internazionali, che si occupano di alcuni dei temi fondamentali trattati dal film, non servono solo ad attrarre l’attenzione sulle sofferenze che i baha’i hanno dovuto patire per decenni in Iran. Essi spronano un cambiamento positivo», ha detto.

«Finché i baha’i saranno trattati ingiustamente e le autorità li considereranno cittadini di seconda classe, molto resterà da fare».

Fonte: Notizie baha'i

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