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Frammenti di storia Biellese. La vigilia di Natale con dei morti di Giorgino Carnevali

INTRODUZIONE: ogni guerra è un mostro feroce che si nutre di ragazzi! Bertolt Brecht: Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere

| Scritto da Redazione
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Frammenti di storia Biellese. La vigilia di Natale con dei  morti di Giorgino Carnevali

SVILUPPO: fin da ragazzino mi hanno “imparato” dei Valori della Resistenza. Me lo ricordo, eccome se me lo ricordo, e con orgoglio. Come il ricordo di una fotografia gelosamente conservata nella parte più visibile del cassetto…del mobile…del salotto…di casa. All’inizio fu mio nonno Alberto, ancor che reduce della Prima Guerra Mondiale, poi mio padre “Giannino”, attivo nella Resistenza, infine le tante persone con le quali quotidianamente condivido “…l’amore per la libertà, la sete di giustizia, quando uno ha il cuore puro, ci fa trovare “Resistenti” nei confronti di ogni iniquità o di pressione, aperta o segreta, calcolata o istintiva, pubblica o privata, militare o economica, laica o clericale, di partito o di razza” (don Primo Mazzolari). Non è retorica, nemmeno degenerativa ossessione, purtroppo è attualità, accidenti se la vivo tutti i giorni questa realtà! Alcune volte mi chiedo quanti fossero stati i morti nella Resistenza. Non ho trovato una risposta certa, convincente, eppure ce ne furono in maniera smisurata di quei “morti ammazzati”. Numeri impressionanti, numeri significativi che raggiunsero la ragguardevole cifra di centinaia di migliaia.

STORIE BIELLESI DELLA RESISTENZA, LA VENDETTA.

“I tedeschi vogliono vendetta per i loro camerati uccisi; e anche il capo della provincia Morsero è stato chiaro: è necessario dare alla popolazione una dimostrazione di forza, per far capire chi comanda. Tocca a Baraldo leggere ai suoi compagni di sventura la sentenza che li condanna a morte. La mattina di mercoledì 22 dicembre 1943 i prigionieri sono condotti sul luogo dove saranno fucilati: piazza San Cassiano, detta anche "piazza del Gallo" per via dell’Albergo del Gallo Antico che si trova a fianco della chiesa; mentre percorrono via Umberto (via Italia) la moglie di Aurelio Mosca, il marinaio in licenza, si affanna a chiedere dove li stiano portando: quando le rispondono che stanno per essere fucilati sviene di colpo. Giunti sul posto, i sette vengono schierati davanti alla facciata dell’albergo: «Nessuno parlava. Forse per le botte e i lividi che dolevano o per il terrore, nessuno riusciva ad aprire bocca. Avevamo visto gente lungo il corso, che guardava ed erano anche i tedeschi che costringevano a fermarsi e a guardare quello che stava succedendo. C’era gente anche alle finestre che si affacciavano sulla piazza» (Test. di A. Baraldo). Il plotone d’esecuzione si schiera. I dodici militari che lo compongono puntano i fucili, attendono l’ordine di aprire il fuoco; ai condannati non è concesso neppure il conforto di un sacerdote. Carlo Gardino piange, continua a ripetere che lui non ha fatto niente. La scarica di proiettili squarcia l’aria, sette uomini si accasciano sul selciato. L’ufficiale che comanda il plotone si avvicina per dare il colpo di grazia: sei colpi, quanti ne contiene il caricatore della pistola, che rimbombano sulla piazza. Sei colpi, ma i corpi sono sette!!!

I tedeschi se ne vanno, lasciano solo due sentinelle; non si sono accorti che uno dei fucilati è ancora vivo, seppur gravemente ferito allo stomaco. È il partigiano Alfredo Baraldo, che spinto dalla disperazione, eludendo la sorveglianza, si alza e si catapulta nel cortile del Gallo Antico: riesce a salvarsi e dopo qualche settimana riprende la via della montagna. Alla concitazione e alla sorpresa suscitate dall’improvvisa quanto sorprendente fuga di uno dei fucilati, fanno seguito il silenzio e la rassegnazione. La guerra, brutale e spietata, ha preteso da Biella le sue prime vittime civili. Ad esse altre si aggiungeranno nel lungo cammino verso la Liberazione”.

VERSO LA CHIUSURA: struggente la testimonianza, se poi la si colloca alla vigilia di quel Santo Natale, che molte famiglie non poterono nemmeno festeggiare, data l’atrocità di “quel Natale”! Tradizioni piene di significato quelle del Natale, di emozioni, di suoni, di colori, di sentimenti, di nobili stati d’animo, di voglia di “famiglia”, di affetti, un “prodotto umano che sfiora le altezze celesti”. E mi è parsa “cosa buona e giusta” fare appunto memoria, alla vigilia di queste ricorrenze natalizie, di quella triste vicenda, una delle tante, ahimè! 

INCHINO RIVERENTE: a tutti quei nostri ragazzi, soprattutto ai tantissimi civili che sacrificarono la loro stessa esistenza per un’Italia Libera e Democratica, vada il mio personale incondizionato riconoscimento. Grazie ragazzi, grazie a tutti voi “resistenti”, a voi mi inchino riverente in profondo raccoglimento!

CHIUSURA: poco o nulla da aggiungere. Quando si dice Resistenza e Liberazione fino al sacrificio della propria vita! “Non c’è grande idea che per farsi realtà non esiga le sue vittime” (don Primo Mazzolari). Parrebbe tutto, invece no, invece quanto ci sarebbe ancora da raccontare, e non già “…sottovoce ai giovani…e agli altri!”.

AUGURI SINCERI: BUON NATALE, BUON NATALE a tutti quegli uomini di “buona volontà”. E impegniamoci, tutti, per: “…trovare un senso a questa vita, alla nostra vita. Impegniamoci, senza giudicare chi non s’impegna, senza accusare chi non s’impegna, senza condannare chi non s’impegna, senza cercare il perché non s’impegna, soprattutto senza disimpegnarci perché altri non s’impegna” (don Primo).  E’ tutto.

Giorgino  Carnevali (Cremona) 

24 dicembre 2016

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