Mercoledì, 24 aprile 2024 - ore 14.05

GIALLO DEI SABBIONI: GIUDICE IN RISERVA: SI DECIDE SE ARCHIVIARE IL CASO

Il giudice si è riservato di decidere in questi giorni se riaprire il caso di Mauro Pamiro, il docente trovato morto l'estate scorsa vicino a un cantiere a Crema. Secondo la Procura bisogna archiviare, mentre i familiari chiedono di approfondire la pista della moglie

| Scritto da Redazione
GIALLO DEI SABBIONI: GIUDICE IN RISERVA: SI DECIDE SE ARCHIVIARE IL CASO

Sostiene la Procura che il professore si sia buttato dal tetto di un cantiere e perciò il caso vada archiviato. Si oppongono i familiari che è stato ucciso, forse dalla moglie indagata per omicidio.

C’è un giudice che in queste ore sta riflettendo se dare ragione all’una o agli altri sulla morte di Mauro Pamiro, insegnante di informatica e appassionato di musica, trovato cadavere a 44 anni la mattina del 29 giugno dell’anno scorso in un cantiere di Crema, e cui viveva con Debora Stella, grafica per la pubblicità di quattro anni più giovane.

Dal 21 luglio il gip di Cremona Giulia Maggi è in camera di consiglio sulla richiesta della famiglia di riaprire questa storia ambientata nella Bassa Padana in cui si mescolano un amore tormentato, droghe leggere in quantità pesanti, le parole di una canzone di Morgan, un po’ di misticismo.

“L’ipotesi che si sia tolto la vita è inverosimile, sotto tanti aspetti”, dice l’avvocato Gian Luigi Tizzoni che assiste Franco Pamiro, il papà del professore amato dai ragazzi perché non li annoiava mai.

Si può partire da diversi punti per provare a raccontarla: uno dei più suggestivi è il messaggio WhattsApp che Pamiro avrebbe inviato alle 21 e 14 del 26 giugno all’amico Marco T. ‘Avrebbe’ perché le parole partono dal telefono della moglie e sono tutte da decifrare: “Ho capito cosa devo fare, spero. Ci vediamo nell’altro mondo. Che amore assurdo”.

Secondo il pm di Cremona Davide Russo, è la conferma della volontà di farla finita.  Ma Tizzoni ribatte: “Questo che è il piatto forte dell’accusa in realtà è un autogoal. Perché poi l’amico di Mauro ha spiegato che il messaggio veniva dal cellulare della moglie e che a scriverlo era stata lei”.

“Sono sicura che abbia scritto lei – ha detto Marco T. agli inquirenti – anche perché, non avendone capito il significato, ne ho chiesto conto a Mauro e lui mi ha passato Debora al telefono. Lei ha spiegato che quelle frasi erano relative a una canzone di Morgan intitolata ‘Amore assurdo’”.

“Ma lei lo sa che queste frasi non ci sono in quella canzone?” chiedono gli investigatori al testimone. “Sì, sono andato ad ascoltarla e non ho trovato quelle frasi. Attribuisco il significato del messaggio al tono scherzoso di Debora e allo stato di alterazione per la droga da lei confermatomi al telefono”.

C’è un'altra canzone importante. E' contenuta in un cd autoprodotto da Mauro che sembra alludere al suo rapporto con Debora. Titolo 'L’ultimo abbraccio'; dedica alla 'più dolce regina del Paese delle meraviglie'; e nel testo tenerezza e sofferenza: 'Il tuo principe ti prenderà per mano e vivremo la nostra favola di amore, dipendenze, dominio e dolore'.

I ”contrasti nella coppia”, così vengono definiti nell’istanza di opposizione all’archiviazione dell’inchiesta a carico di Debora Stella, sarebbero uno dei “grandi temi inesplorati” da chi ha fatto le indagini e nei quali bisognerebbe scavare. Lei addirittura aveva confessato di averlo ucciso nelle ore successive al ritrovamento del corpo, salvo poi ritrattare in un altro interrogatorio: “L’ho ucciso per difendermi con una legnata in testa dopo che lui se n’è andato sbattendo la porta e dicendomi che non l’avrei più rivisto. Poi ho chiamato due amici per pulire il sangue”.

 “Il racconto della Stella – commenta Tizzoni – seppur frapposto ad affermazioni prive di credibilità appare calzante con riferimento alle modalità della lesione (colpo in tesa) e alla necessità di un aiuto da parte di terzi per pulire la scena del crimine e trasportare il cadavere”. Poche ore dopo questo interrogatorio, era stata sottoposta a un trattamento sanitario obbligatorio nel reparto di psichiatri dell’ospedale Maggiore. Ed è anche per questo che la Procura non la considera attendibile, mentre dall’altra parte osservano che l’iniziativa del ricovero la prendono i legali della donna “che non ha una storia clinica psichiatrica”.

Ma più di tutto il resto l’avvocato del papà di Mauro pensa che la tesi della Procura sia fragile sulla ricostruzione della caduta.

“Pamiro aveva un foro nel centro della testa, una lesione non mortale ma importante per capire cos’è successo – osserva Tizzoni -. Intanto, ci sembra molto difficile che il professore, affetto da una forma di distrofia muscolare, si sia potuto arrampicare così agevolmente. Poi c’è un’incompatibilità dell’ipotesi del suicidio con la tegola ritrovata accanto al corpo di Mauro sulla quale ci sono delle tracce di sangue. L’irrealizzabilità da un punto di vista cinematico della caduta prospettata dalla Procura è smentita dal fatto che per colpire quella tegola e colpirla in quel punto, tanto da penetrare internamente al capo, essa doveva essere conficcata anzi piantata fermamente e in profondità nel terreno per mantenersi in posizione verticale e garantire quell’impatto. Al contatto con la notevole massa di Pamiro sarebbe immediatamente caduta al suolo non consentendo la formazione di quella particolare lesione. Sembra proprio che qualcuno – conclude – disposto frontalmente alla vittima abbia colpito Pamiro in limine vitae”. Per questo sarebbero utili “nuovi prelievi per verificare la presenza di persone estranee che abbiano potuto maneggiare la tegola per colpirlo”.  

Invece per il pm gli accertamenti "sono compatibili con una caduta dall'alto" e "le tracce di Dna sulla tegola sono da porsi in correlazione con la lesione alla fronte". Inoltre, "l'assenza di tracce ematiche nell'abitazione e nell'area del ritrovamento" in questa prospettiva esclude l'ipotesi che "la morte sia avvenuta altrove e il cadavere spostato nel cantiere".   

 

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