Giovedì, 02 maggio 2024 - ore 11.50

Il Papa a Malta fra i migranti con il pensiero all’Ucraina

| Scritto da Redazione
Il Papa a Malta fra i migranti con il pensiero all’Ucraina

Si è concluso nella serata di ieri, domenica 3 aprile, dopo l’incontro con i migranti presso il Centro “Giovanni XXIII Peace Lab“ ad Hal Far il viaggio apostolico di Papa Francesco a Malta.

Salutando i presenti “con affetto”, Bergoglio, che già si è recato in passato a Lesbo e a Lampedusa, come disse ai rifugiati sull’isola greca ha ribadito ieri: “sono qui per dirvi che vi sono vicino… Sono qui per vedere i vostri volti, per guardarvi negli occhi”.

“Quella del naufragio è un’esperienza che migliaia di uomini, donne e bambini hanno fatto in questi anni nel Mediterraneo e purtroppo per molti di loro è stata tragica”, ha detto il Santo Padre, riportando la notizia di “un salvataggio avvenuto al largo della Libia di soli quattro migranti” in “un’imbarcazione che ne conteneva circa novanta”. Invitando alla preghiera “per questi nostri fratelli che hanno trovato la morte nel nostro Mare Mediterraneo”, Francesco ha denunciato “un altro naufragio che si consuma mentre succedono questi fatti: è il naufragio della civiltà, che minaccia non solo i profughi, ma tutti noi. Come possiamo salvarci da questo naufragio che rischia di far affondare la nave della nostra civiltà? Comportandoci con umanità. Guardando le persone non come dei numeri, ma per quello che sono, cioè dei volti, delle storie, semplicemente uomini e donne, fratelli e sorelle. E pensando che al posto di quella persona che vedo su un barcone o in mare alla televisione o in una foto, al posto suo potrei esserci io o mio figlio o mia figlia”.

“Anche voi avete vissuto questo dramma e siete arrivati qui”, ha proseguito il Papa. ”Le vostre storie fanno pensare a quelle di migliaia e migliaia di persone che nei giorni scorsi sono state costrette a fuggire dall’Ucraina a causa di quella guerra ingiusta e selvaggia. Ma anche a quelle di tanti altri uomini e donne che, alla ricerca di un luogo sicuro, si sono visti obbligati a lasciare la propria casa e la propria terra in Asia, in Africa e nelle Americhe, penso ai Rohingya… A tutti loro vanno il mio pensiero e la mia preghiera in questo momento”.

“Partire staccandosi dalle proprie radici”, ha proseguito Bergoglio, “è uno strappo. Uno strappo che lascia il segno. Non solo un dolore momentaneo, emotivo. Lascia una ferita profonda nel cammino di crescita di un giovane, di una giovane. Ci vuole tempo per risanare questa ferita; ci vuole tempo e soprattutto ci vogliono esperienze ricche di umanità: incontrare persone accoglienti, che sanno ascoltare, comprendere, accompagnare; e anche stare insieme ad altri compagni di viaggio, per condividere, per portare insieme il peso… Questo aiuta a rimarginare le ferite”.

I centri di accoglienza, ha poi ribadito il Pontefice, “è importante che siano luoghi di umanità!. Sappiamo che è difficile, ci sono tanti fattori che alimentano tensioni e rigidità. E tuttavia, in ogni continente, ci sono persone e comunità che accettano la sfida, consapevoli che la realtà delle migrazioni è un segno dei tempi dove è in gioco la civiltà. E per noi cristiani è in gioco anche la fedeltà al Vangelo di Gesù, che ha detto “Ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35). Questo non si crea in un giorno! Ci vuole tempo, ci vuole tanta pazienza, ci vuole soprattutto un amore fatto di vicinanza, di tenerezza e di compassione, come è l’amore di Dio per noi”.

Papa Francesco ha espresso un “sogno”: “che voi migranti, dopo aver sperimentato un’accoglienza ricca di umanità e di fraternità, possiate diventare in prima persona testimoni e animatori di accoglienza e di fraternità. Qui e dove Dio vorrà, dove la Provvidenza guiderà i vostri passi. Questo è il sogno che desidero condividere con voi e che metto nelle mani di Dio, perché ciò che è impossibile a noi non è impossibile a Lui. Ritengo molto importante che nel mondo di oggi i migranti diventino testimoni dei valori umani essenziali per una vita dignitosa e fraterna. Sono valori che voi portate dentro, che appartengono alle vostre radici. Una volta rimarginata la ferita dello strappo, dello sradicamento, voi potete far emergere questa ricchezza che portate dentro, un patrimonio di umanità preziosissimo, e metterla in comune con le comunità nelle quali siete accolti e negli ambienti dove vi inserite. Questa è la strada! La strada della fraternità e dell’amicizia sociale. Qui c’è il futuro della famiglia umana in un mondo globalizzato. Sono contento di poter condividere oggi questo sogno con voi, così come voi, nelle vostre testimonianze, condividete i vostri sogni con me!”.

Le testimonianze raccolte ieri dal Papa nel centro d’accoglienza hanno “dato voce all’appello soffocato di milioni di migranti i cui diritti fondamentali sono violati, purtroppo a volte con la complicità delle autorità competenti” e hanno richiamato l’attenzione su un “punto-chiave”, ovvero “la dignità della persona”, “persone in carne e ossa, volti, sogni a volte infranti”. Per Bergoglio “da questo si può e si deve ripartire: dalle persone e dalla loro dignità. Non lasciamoci ingannare da chi dice: “Non c’è niente da fare”, “sono problemi più grandi di noi”, “io faccio gli affari miei e gli altri che si arrangino”. No. Non cadiamo in questa trappola. Rispondiamo alla sfida dei migranti e dei rifugiati con lo stile dell’umanità, accendiamo fuochi di fraternità, intorno ai quali le persone possano riscaldarsi, risollevarsi, riaccendere la speranza. Rafforziamo il tessuto dell’amicizia sociale e la cultura dell’incontro, partendo da luoghi come questo, che certamente non saranno perfetti, ma sono laboratori di pace”.

Infine citando l’Enciclica sulla pace di Papa San Giovanni XXIII, di cui il Centro porta il nome, Bergoglio ha concluso: “Allontani [il Signore] dal cuore degli uomini ciò che la può mettere in pericolo – la pace –; e li trasformi in testimoni di verità, di giustizia, di amore fraterno. Illumini i responsabili dei popoli, affinché accanto alle sollecitudini per il giusto benessere dei loro cittadini garantiscano e difendano il gran dono della pace; accenda le volontà di tutti a superare le barriere che dividono, ad accrescere i vincoli della mutua carità, a comprendere gli altri, a perdonare coloro che hanno recato ingiurie; in virtù della sua azione, si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace” (Pacem in terris, 91)”.

Nella giornata di ieri, Papa Francesco aveva tenuto anche l’Omelia e l’Angelus domenicali nel Piazzale dei Granai di Floriana, ringraziando le autorità politiche e religiose di Malta, ma anche i cittadini e i fedeli “per l’accoglienza e l’affetto ricevuti”. Tornato a Roma, ha assicurato Bergoglio, ”porterò con me molti momenti e parole di questi giorni. Tanti gesti. Soprattutto conserverò nel cuore tanti volti e il volto luminoso di Malta”, dove “si respira il senso del Popolo di Dio. Andate avanti così”, è stato il suo invito, “ricordando che la fede cresce nella gioia e si rafforza nel dono”.

“Cari amici giovani, condivido con voi la cosa più bella della vita. Sapete qual è? È la gioia di spendersi nell’amore, che ci fa liberi. Ma questa gioia ha un nome: Gesù. Vi auguro la bellezza di innamorarvi di Gesù, che è Dio della misericordia, che crede in voi, sogna con voi, ama le vostre vite e non vi deluderà mai. E per andare avanti sempre con Gesù anche con la famiglia, con il popolo di Dio, non dimenticatevi delle radici. Parlate con i vecchi, parlate con i nonni, parlate con gli anziani!”, aveva detto, per poi concludere: “il Signore vi accompagni e la Madonna vi custodisca. La preghiamo ora per la pace, pensando alla tragedia umanitaria della martoriata Ucraina, ancora sotto i bombardamenti di questa guerra sacrilega”. (aise)

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