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UE.Bilancio 2010 e 2011

| Scritto da Redazione
UE.Bilancio 2010 e 2011

La strada continua. Unione europea: bilancio 2010 e prospettive 2011
Si chiude il sipario sul 2010 e già si guarda oltre. Perché le attese vacanze di Natale e Capodanno regalano qualche giorno di respiro alla politica internazionale, ma i problemi sul tavolo saranno lì, all'inizio del 2011, ad attendere decisioni e interventi. Lo sanno bene i capi di Stato e di governo dell'Unione, i deputati del Parlamento Ue e i componenti della Commissione. Le ultime decisioni assunte dall'emiciclo di Strasburgo e durante il summit di metà dicembre segnalano alcune importanti convergenze ma, come sempre, rimane da percorrere il tratto più lungo di strada.

Due segnali positivi devono essere rimarcati. Il primo riguarda il bilancio: dopo estenuanti trattative, l'Europarlamento ha votato il budget per il prossimo anno. Si era sfiorato l'esercizio provvisorio che avrebbe messo a rischio molti progetti comunitari; poi, con un rush finale, è giunto l'accordo con il Consiglio, l'altra istituzione che ha poteri di bilancio nella complessa architettura dell'Unione. Ora le cifre sono nero su bianco: 141,8 miliardi di euro in stanziamenti d'impegno e 126,5 miliardi in pagamenti (circa l'1% del Pil dell'Ue), con un esiguo aumento rispetto all'esercizio che si chiude. Si sono trovati finanziamenti per molteplici interventi - dal sostegno alle piccole e medie imprese alla cultura, dagli aiuti alle regioni alla cittadinanza, dalla cooperazione internazionale alla sicurezza interna -, ma restano in sospeso alcune, giuste, richieste degli eurodeputati in relazione alle "risorse proprie" del bilancio Ue e alle prospettive finanziarie pluriennali. Nodi inscritti nell'agenda del 2011.

Il secondo segnale che ci consegna l'anno che va in soffitta è l'"iniziativa dei cittadini", su cui s'è trovato un punto d'incontro nelle sedi Ue e grazie alla quale un milione di cittadini di 7 Stati membri possono chiedere alla Commissione di predisporre il testo di una legge comunitaria, che dovrebbe poi naturalmente passare al vaglio del Parlamento e del Consiglio. Non è una ancora una garanzia di democrazia partecipativa, ma certo è un elemento di attenzione verso il "popolo sovrano", il "popolo europeo sovrano". La Comunità europea, nata 60 anni fa con i Trattati Ceca (1951) e poi con i Trattati Cee (1957), ha sempre avuto un carattere intergovernativo, che assegna cioè maggior forza decisionale alle Cancellerie piuttosto che all'Europarlamento, in cui siedono i rappresentanti dei cittadini. Da due decenni a questa parte il peso politico si sta - lentamente e gradualmente - spostando sul fronte della democrazia "dal basso" e l'"iniziativa dei cittadini", prevista dal Trattato di Lisbona, è un passo in questa direzione.    

Il Consiglio europeo del 16 e 17 dicembre si è invece concentrato sulla crisi economica, la governance, la stabilità. I 27 leader nazionali, coordinati dal presidente "stabile" del Consiglio, il belga Herman Van Rompuy, hanno deciso di creare, entro il 2013, un meccanismo permanente per la stabilità finanziaria, che peraltro richiede un piccolo "ritocco" al Trattato di Lisbona e dunque un nuovo giro di ratifiche parlamentari. Tale meccanismo, o "fondo", è ancora tutto da disegnare (consistenza, funzionamento), ma rappresenta un ulteriore avanzamento del governo dell'economia, pur se limitato ai Paesi che adottano la moneta unica. Il meccanismo potrebbe peraltro accrescere la sua importanza sia mediante ampliamenti di Eurolandia (come avviene dal 1° gennaio, con l'ingresso dell'Estonia), sia nel caso in cui altri Stati ritenessero utile porsi sotto l'ombrello antispeculativo e concorrenziale dell'euro. Come però è stato osservato, dietro una moneta occorrono delle istituzioni politiche e monetarie solide, un mercato unico, una macchina economica (e magari fiscale) oliata. Ed è proprio questa la sfida che si profila per il futuro. Anche perché - era già l'idea dei "padri fondatori" della Comunità - accrescendo l'integrazione economica dovrebbe approfondirsi l'Europa politica.

L'ultimo Consiglio ha però lanciato altri due messaggi. I capi di Stato e di governo dell'Unione hanno assegnato al Montenegro lo status di "candidato": il cammino del piccolo Paese balcanico sarà molto lungo, eppure la via dell'adesione è tracciata. Non solo: lo stesso Van Rompuy ha tenuto a ribadire la "vocazione europea dei Balcani occidentali", lasciando le porte aperte a tutti i Paesi della regione che, si afferma, possono trovare nell'Ue quel solido ancoraggio alla democrazia e allo sviluppo dei quali si sente necessità nei territori dell'ex Yugoslavia. L'altro input riguarda la scena mondiale: i 27 hanno infatti valutato i rapporti con i principali partner, a partire dagli Stati Uniti, ribadendo che "l'Ue non è solo un attore economico ma un soggetto geopolitico di importanza strategica". Si tratta di valutazioni da confermare "sul campo", ma già il fatto di prenderne coscienza appare come una acquisizione non scontata per l'Europa comunitaria.   Gianni Borsa - Bruxelles

fonte: http://www.webgiornale.de/

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