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100 anni Carlo Lizzani, col cinema ha fatto storia

Carriera segnata da curiosità ed ecclettismo

| Scritto da Redazione
100 anni Carlo Lizzani, col cinema ha fatto storia

Cento anni fa, il 3 aprile del 1922, nasceva a Roma Carlo Lizzani, uno fra i molti protagonisti del cinema italiano (da Pasolini a Tognazzi, da Gassmann a Damiami, a Francesco Rosi) di cui ricorre quest'anno uno storico compleanno.

Rispetto ai suoi colleghi, il regista di "Achtung! Banditi!" non ha la stessa, immediata popolarità. 

Eppure la sua figura è del tutto speciale perché seppe coniugare in una sola personalità sfaccettature e inclinazioni molto diverse tra loro.

    Di sé amava dire: "Magari non sono un artista come i miei maestri, da Rossellini a De Santis, ma sono sempre stato uno storico con la macchina da presa, un intellettuale con la passione per le immagini e questo ha fatto la differenza".

    Contagiato dal padre nella passione per la sua città natale, per i monumenti, le mappe, le pietre della vecchia Roma, entra presto a far parte del gruppo di critici e teorici del cinema che verrà (il neorealismo) riuniti intorno alla rivista "Cinema", fondata da Vittorio Mussolini, ma frequentata da giovani idealisti che scoprono il marxismo e vanno a creare una "fronda" militante rispetto al fascismo imperante. Infatti, appena ventenne, entra a far parte della Resistenza contro i tedeschi per poi aderire al Partito Comunista e collaborare come aiuto e sceneggiatore alle prime pellicole dell'immediato dopoguerra. Lavora con Aldo Vergano (lo si vede in una piccola parte ne "Il sole sorge ancora"), conosce Alberto Lattuada, Giuseppe De Santis, frequenta il set di "Roma città aperta" e segue poi il suo maestro Roberto Rossellini a Berlino per le riprese di "Germania anno Zero" (1948). Su quel set ha il ruolo di aiuto regista ma anche di "commissario politico" per il PCI e soprattutto conosce la pittrice Edith Bieber che l'anno dopo diventerà sua moglie e lo accompagnerà per tutta la vita.

    Rientrato in Italia si cimenta nelle sue prime regie da documentarista (una passione mai abbandonata) con titoli che hanno fatto storia come "Togliatti è ritornato", "Viaggio al Sud", "Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato" del 1950. Un anno dopo affronta il suo primo lungometraggio, girato in Liguria con un finanziamento rocambolesco, garantito dai sindacati e dalla gente comune che si tassa per sostenere il progetto di "Achtung! Banditi". E' una storia di resistenza e di coraggio che resterà nella filmografia resistenziale come un autentico capolavoro.

    Alto, dinoccolato, inseparabile dai suoi occhiali, subito riconoscibile per il ciuffo ribelle dei capelli e la voce calma e profonda, Carlo Lizzani si ritagliò presto una dimensione tutta particolare nel panorama del neorealismo, affinando le armi della narrazione popolare, ma densa di contenuti civili, come si vede bene nei suoi film successivi "Ai margini della metropoli" e soprattutto "Cronache di poveri amanti" dal romanzo di Vasco Pratolini (1954). Talento irrequieto (collaborò con Dario Fo per l'originale "Lo svitato" e diresse Domenico Modugno in "Esterina") seppe subito coniugare l'impegno politico ed espressivo con i modi di un cinema popolare rivolto al grande pubblico. Ne sono esempi luminosi "Il gobbo"(1960), prodotto da Dino De Laurentiis e "L'oro di Roma" (1961) in cui tratteggiava con colori vividi e spettacolari due episodi della sua città tra il rastrellamento del Ghetto e la degenerazione malavitosa dei partigiani dal grilletto facile come il Gobbo del Quarticciolo.

    E' del 1963 il suo film più celebre e riuscito, "Il processo di Verona", sceneggiato da Ugo Pirro, in cui mette in scena col talento di uno storyteller del legal thriller la condanna di Galeazzo Ciano e degli altri congiurati che avevano deposto Mussolini il 24 luglio del 1943. Carlo Lizzani aveva già cominciato il suo "Lungo viaggio nel secolo breve" (titolo di uno dei suoi più bei saggi) mettendo il cinema al servizio di una documentazione quasi in diretta della storia italiana del '900. Non a caso il grande omaggio che, proprio a partire da domani, gli dedica la Cineteca Italiana con un progetto speciale promosso dalla Direzione Cinema del Ministero e realizzato insieme all'Aamod (Archivio storico Movimento operaio e democratico) e alla Casa del Cinema, è intitolato "Carlo Lizzani, la Storia e le storie" e mira a percorrere la seconda metà del Novecento attraverso la testimonianza filmica del regista. Che infatti ha fotografato il fascismo ("Mussolini ultimo atto"), il boom economico ("La vita agra" con Ugo Tognazzi), la guerra fredda ("La guerra segreta" con Henry Fonda), il banditismo ("Svegliati e uccidi", "Banditi a Milano", "Barbagia"), il terrorismo nero e rosso (da "San Babila ore 20" a "Nucleo Zero" dal romanzo di Luce d'Eramo).

    In una carriera scandita dalla curiosità e dall'eclettismo: nel 1979 riuscì , alla guida della Mostra del Cinema di Venezia a far risorgere il festival, paralizzato da quasi 10 anni.

    Il 5 ottobre del 2013, mentre preparava un nuovo film, si tolse improvvisamente la vita gettandosi dal balcone di casa a Via Corridoni. Dal 2014, insieme all'Anac, i suoi figli Flaminia e Francesco hanno istituto il Premio Lizzani che viene assegnato ogni anno alla Mostra di Venezia. (ANSA).

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