Giovedì, 25 aprile 2024 - ore 02.03

I pesci stanno annegando

I bassi livelli di ossigeno li stanno spingendo i pesci in acque meno profonde

| Scritto da Redazione
I pesci stanno annegando

Anche se a molti può sembrare strano, i pesci possono annegare. Come spiega Harrison Tasoff dell’università della California – Santa Barbara, «I pesci hanno bisogno di ossigeno per respirare; è solo che ottengono ciò di cui hanno bisogno dall’ossigeno disciolto nell’acqua piuttosto che nell’aria. Troppo poco ossigeno è un problema per i nostri amici pinnati, che devono spostarsi o subire effetti negativi. Sfortunatamente, le concentrazioni di ossigeno stanno diminuendo in tutti gli oceani».

E’ quello che dimostra nuovo studio “Moving on up: Vertical distribution shifts in rocky reef fish species during climate-driven decline in dissolved oxygen from 1995 to 2009”, pubblicato su  Global Change Biology da un team di ricercatori dell’UC Santa Barbara e dall’università della South Carolina, il primo a documentare che più di una dozzina di specie si stanno spostando in acque meno profonde in risposta a condizioni di scarso ossigeno.  Una ricerca realizzata grazie a 15 anni di indagini e misurazioni e gli autori sottolineano «L’importanza di tenere conto dei risultati nella gestione e conservazione della pesca, oppure si rischia di attuare strategie selvaggiamente al passo con le condizioni che ci sono sotto le onde».

La principale autrice, Erin Meyer-Gutbrod della School of the Earth, ocean and environment dell’università della South Carolina,  spiega che «Questo studio rileva che l’ossigeno sta diminuendo a tutte le profondità che abbiamo esaminato: da 50 metri a 350 metri, e così i pesci sembrano spostarsi verso regioni meno profonde per raggiungere un’area in cui l’ossigeno è relativamente più alto».

All’UC Santa Barbara ricordano che «Le concentrazioni di ossigeno stanno diminuendo per una serie di motivi, compresi i cambiamenti nell’ecologia, stagionali e delle tempeste. Ma forse la ragione più significativa è che l’acqua più calda trattiene meno ossigeno disciolto.

Inoltre, nelle acque poco profonde i pesci tendono a respirare più facilmente perché una delle principali fonti di ossigeno disciolto è la miscelazione atmosferica in superficie, ma i ricercatori fanno notare che «Sfortunatamente, l’aumento delle temperature ha accentuato le differenze di densità tra l’acqua fredda e profonda e l’acqua calda di superficie. Questo ha portato l’oceano a stratificarsi, impedendo all’ossigeno di mescolarsi in profondità».

Il team statunitense ha cercato di determinare in che modo il calo dei livelli di ossigeno ha influenzato la distribuzione dei pesci. Quasi ogni autunno dal 1995 al 2009, i ricercatori hanno condotto indagini sui pesci a varie profondità tra Anacapa e le isole di Santa Cruz nel sud della California. Hanno studiato  tre delle caratteristiche delle scogliere sommerse dell’area: una lunga serie “torrenti” chiamati “Anacapa Passage” a circa 50 m di profondità; la montagna sottomarina “Footprint” a circa 150 metri di profondità e il “Piggy Bank”, un’altra secca sommersa a una profondità media di circa 300 metri. Hanno identificato tutti i pesci da 2 metri sott’acqua fino a due metri dal fondo del mare e hanno stimato la loro lunghezza.

E’ così che hanno identificato 60 tipi di pesci che sono stati osservati abbastanza frequentemente da includerli nell’analisi, con risultati sorprendenti: «Nel corso del decennio e mezzo, 4 specie si sono spostate più in profondità mentre 19 sono migrate in acque meno profonde – dice la  Meyer-Gutbrod – Nel tempo, un terzo degli areali delle specie si è spostato più in superficie. Personalmente penso che sia un risultato notevole in un periodo di tempo così breve».

Oltre all’ossigeno disciolto, il team ha anche misurato la temperatura e la salinità dell’acqua , che sono rimaste relativamente costanti nel tempo. Gli scienziati evidenziano che, mentre gli habitat che hanno studiato si estendono solo per 10 chilometri, comprendono una vasta gamma di profondità: «La piccola estensione del sito ha in realtà contribuito a ridurre i fattori di confusione: la maggior parte delle condizioni è rimasta costante durante i rilievi ad eccezione della profondità».

Precedenti studi avevano esaminato gli effetti della carenza di ossigeno sui singoli pesci in un ambiente di laboratorio, ma questa è la prima volta che uno studio a lungo termine è stato condotto sul campo. La Meyer-Gutbrod conferma: «Altri scienziati hanno utilizzato esperimenti di laboratorio per dimostrare che ai pesci non piace l’acqua a basso contenuto di ossigeno, ma quello che nessuno aveva mai fatto è tornare nello stesso luogo anno dopo anno per vedere se c’è effettivamente un cambiamento nella distribuzione del pesce derivante da un cambiamento di ossigeno nel tempo».

Le conseguenze di questa tendenza dei pesci a risalire verso la superficie per non “annegare” potrebbero essere gravi. Secondo un altro autore dello studio, Milton Love del Marine Science Institute della UC Santa Barbara, «Questa sembra essere la verifica di un’ipotesi piuttosto spaventosa. Vale a dire, che i pesci vengono cacciati fuori dai loro habitat ottimali. E il punto di arrivo è che, alla fine, saranno cacciati da almeno alcuni dei loro habitat. Alcune specie possono eventualmente essere spinte in aree in cui la loro fisiologia non è in grado di gestire le condizioni».

Inoltre, i risultati di altri studi suggeriscono che l’aumento delle temperature superficiali sta spingendo molti pesci più in profondità. Questo significa che l’habitat dei pesci potrebbe essere compresso dall’alto dal caldo e dal basso dalla disponibilità di ossigeno. La Meyer-Gutbrod evidenzia ancora. «Quindi ora la fascia di profondità che possono occupare si sta restringendo sempre di più nel tempo».

Un’ulteriore preoccupazione riguarda il modo in cui questa compressione dell’habitat interagisce con la pressione della pesca. Infatti, questa tendenza potrebbe concentrare i pesci, rendendoli potenzialmente più facili da catturare. L’aumento degli sbarchi smentirebbe il fatto che gli stock ittici siano davvero in gravi difficoltà. La Meyer-Gutbrod però fa notare che  «Se getti la tua rete nell’acqua e prendi una tonnellata di pesce – più di quanto sei abituato a prendere – potresti pensare: ‘Oh, è un buon anno per i pesci. Forse la popolazione si sta riprendendo’”. Ma invece, potrebbe essere che tutti i pesci siano semplicemente schiacciati in un’area più ristretta. Quindi si potrebbero cambiare le normative sulla pesca per aumentare le quote della pesca grazie a questo aumento degli sbarchi. Il risultato sarebbe catastrofico per l’industria della pesca e gli ecosistemi da cui dipende».

Secondo i ricercatori, «Questo è il motivo per cui è fondamentale capire cosa sta succedendo, prevedere come andrà a finire e adattare le strategie di gestione per includere questa realtà».

Love conclude: «Il fenomeno si dispiegherà quando le condizioni lo richiedono. Ma rispondergli è in nostro potere».

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