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La festa della Repubblica del 2 giugno | S.Bonaldi

| Scritto da Redazione
La festa della Repubblica del 2 giugno | S.Bonaldi

Il 2 giugno 1946 gli italiani furono chiamati alle urne per scegliere, attraverso un referendum, la nuova forma istituzionale dello Stato, cioè per decidere con il voto se l'Italia dovesse continuare ad essere una Monarchia oppure diventare una Repubblica.
Nello stesso giorno vennero indette le elezioni per l'Assemblea Costituente, incaricata di elaborare la nuova Carta Costituzionale, in sostituzione del vecchio Statuto Albertino, rimasto immutato dal 1848.
Per la prima volta nella storia italiana, e sono passati da allora solo 66anni, un soffio nella vita di un Paese, si votò a suffragio universale maschile e femminile. Prima di allora, infatti, le donne non avevano avuto diritto al voto.
Al referendum andarono a votare più di 24 milioni di italiani sui 28 milioni che avevano il diritto di farlo. Una percentuale altissima, l’89,1%. Sono numeri che parlano di un Paese traboccante di speranza nella democrazia, di ottimismo per il futuro, un futuro che ora sembra infrangersi sugli scogli del presente creando disamore proprio per quella partecipazione che della democrazia è il principale alimento.
Ci furono circa un milione e mezzo di voti nulli, quelli validi si distribuirono in questo modo: 10.688.210 i voti alla monarchia e 12.672.076 i voti favorevoli alla repubblica. Come emerge da questo dato, allora il Paese era spaccato a metà, in molti casi anche all’interno dei nuclei familiari.
Penso al racconto della mia nonna materna quando ero piccola. Lei, pure ex operaia del linificio e madre di 9 figli, due dei quali non sopravvissuti all’infanzia, era rimasta monarchica e aveva espresso fiducia per i Savoia. Mio nonno, invece, operaio in Ferriera, aveva sposato la causa repubblicana.
Dunque un’Italia divisa a metà, come spesso è capitato nel nostro Paese di Guelfi e di Ghibellini.
Eppure, da quell’Italia divisa, ma capace di mischiarsi per andare oltre i limiti dell’individuo, scaturirono le basi della nostra convivenza civile e del nostro stare insieme anche oggi.
Quel 2 giugno 1946 nacque la Repubblica, proclamata ufficialmente 16 giorni dopo, il 18 giugno.
Una manciata di giorni dopo il re Umberto II, "il re di maggio", fu costretto ad andare in esilio in Portogallo e il 25 di quel meraviglioso mese di giugno, l’Assemblea Costituente, liberamente eletta, iniziò i suoi lavori che si sarebbero conclusi il 22 dicembre 1947 con l’approvazione della Costituzione italiana, in vigore dal 1° gennaio 1948.
Sono Sindaco da meno di un mese, ma dinanzi a me hanno già effettuato il giuramento di cittadinanza diversi nuovi cittadini italiani, ai quali ho donato proprio la nostra cara, amata Costituzione, invitandoli a conoscerla per arricchirsi della tradizione millenaria su cui è scolpita.
E’ il modo più diretto per diventare italiani veri, perché in quelle pagine c’è tutta la grammatica di cui ci siamo serviti nei secoli per diventare un popolo, largamente imperfetto ma un popolo, un gruppo di sessanta milioni di persone che, malgrado tutto, è riuscito a resistere al terrorismo, alla malavita organizzata, alle spinte disgregatrici di forze politiche che istigano la parte più ricca del paese a salvarsi da sola. Una tenaglia micidiale a cui si è aggiunta la stessa politica, nata per promuovere gli interessi dei cittadini e talvolta invece diventata quasi un’ipoteca sulle loro sorti. Una minaccia seria questa, perché nemmeno una grande Costituzione può difendere le sue ragioni senza la buona politica, perché un Paese non può crescere senza la buona politica, perché la grave crisi che attraversiamo non può essere sconfitta senza la buona politica.
Oggi la tutela della Costituzione, e dunque del futuro di tutti noi, passa principalmente attraverso la buona politica, per questo non ci è più consentito di partecipare ad una ricorrenza solenne come quella del 2 giugno, senza assumere impegni precisi con i cittadini. Il primo dei quali, il più elementare, non può che essere quello di dare il meglio di noi stessi per un Paese che mostra segni di prostrazione ma che non vuole, né può, rassegnarsi, come non vuole rassegnarsi il vostro sindaco e come non si rassegneranno i nostri fratelli emiliani, colpiti nelle loro certezze dagli eventi catastrofici di questi giorni, ai quali siamo vicini con tutto l’affetto che siamo capaci di esprimere.
Certo, la nostra costituzione non può proteggerci dagli eventi naturali, ma lo spirito con cui è stata scritta può ricordarci che soprattutto in questi casi siamo un solo popolo, imperfetto ma solidale e questa solidarietà metteremo concretamente a disposizione nei prossimi giorni anche a favore dei nostri connazionali emiliani.
Buon 2 giugno a tutte le donne e a tutti gli uomini di buona volontà, ai quali chiedo aiuto per dare alla nostra Crema tutta la saggezza che le serve per tornare a sorridere.
Stefania Bonaldi
Sindaco di Crema.

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