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Lin Wenliang, l'eroe di Wuhan costretto a ritrattare le scoperte sul Covid-19

Era il dicembre 2019 quando a Wuhan, iniziava l'incubo della pandemia. A capire per primo la gravità della situazione un medico oculista che fu poi obbligato a ritrattare dalla censura comunista cinese.

| Scritto da Redazione
Lin Wenliang, l'eroe di Wuhan costretto a ritrattare le scoperte sul Covid-19

Se un giorno qualche produttore cinematografico dovesse prendere uno spunto per realizzare un film su come e dove è iniziata questa pandemia, è da questa storia che potrebbe attingere. Una storia drammatica figlia di un regime che si è rivelato pericoloso quanto la pandemia stessa.

Nel dicembre 2019, diversi ospedali di Wuhan capoluogo della provincia dello Hubei, hanno ricoverato qualche decina di pazienti con polmonite da causa sconosciuta. Il 30 dicembre, la Commissione sanitaria municipale di Wuhan ha redatto e diffuso documenti interni che disponevano prescrizioni per il trattamento di pazienti affetti da questa polmonite.

Ciao a tutti, sono Li Wenliang, un oculista presso il Wuhan Central Hospital“. 

Lo stesso giorno, subito dopo aver ricevuto le informazioni inoltrategli da un collega, Li Wenliang ha postato in una delle sue chat di gruppo WeChat messaggi di testo, tra cui “sette casi di SARS sono stati confermati al mercato della frutta e dei frutti di mare di Huanan“, inviando nel gruppo una foto e un videoclip.

“Secondo le ultime informazioni, è confermata l’infezione da coronavirus. Il tipo di virus è in corso di determinazione. Vi preghiamo di avvertire le vostre famiglie e di prendere precauzioni”.

 

I messaggi, esattamente come il virus, quei messaggi, hanno cominciando a replicarsi nella rete raggiungendo migliaia di persone in pochissimo tempo, non sfuggendo alle ‘antenne’ dei filtri della censura in rete,

Li Wenliang, pochi giorni dopo, è convocato dall’Ufficio di Pubblica Sicurezza che gli intima di firmare una “dichiarazione spontanea”. Infatti il governo lo accusa di aver diffuso false insinuazioni derivanti da deduzioni senza riscontri certi, tali da compromettere l’ordine pubblico nella regione e nel paese. 

“La avvisiamo solennemente che se continuerà a essere testardo, con tale impertinenza, e se continuerà questa attività illegale, sarà portato davanti alla giustizia”. 

Al medico non resta che sottoscrivere la dichiarazione che però non fermerà l’indagine a suo carico ed altri otto medici a cui Li comunicò le sue intuizioni.

Pochi giorni dopo, intuendo la gravità della situazione, rigettò la dichiarazione che è fu indotto a firmare e nei giorni successivi si espone più volte pubblicamente per mettere a conoscenza i medici delle sue scoperte. Ma è già tardi, perchè l’ospedale in cui lavora Li Wenliang è uno dei focolai di una pandemia che si sta già propagando con una velocità inarrestabile.

La ‘Commissione sanitaria di Wuhan’ iniziò a fornire le prime informazioni, tra cui quella che 27 persone soffrivano di polmonite per una causa ancora sconosciuta, aggiungendo però che non c’era bisogno di allarmarsi: “La malattia si può prevenire e controllare”. Contemporaneamente le autorità avvisavano gli uffici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di Pechino, ma solo il 20 gennaio 2020 venne dichiarata l’emergenza nazionale e lo stato di emergenza sanitaria.

Nel frattempo il dottor Li Wenliang pagherà a caro prezzo il suo coraggio venendo contagiato a sua volta nello svolgimento dei suoi doveri di medico.  Il 6 febbraio a soli trentaquattro anni, morirà lasciando una moglie e un figlio di cinque anni ed un secondo in arrivo venitosi alla luce il 12 giugno 2020.

“L’epidemia di coronavirus non è un disastro naturale, ma un disastro operato dall’uomo. Dovremmo imparare dalla morte di Li Wenliang”.

La morte ha scatenato un’ondata di proteste attraverso il social Weibo contro il governo attraverso gli Hashtag “Il governo di Wuhan deve le sue scuse a Li” e “Vogliamo libertà di parola“. Entrambi  rapidamente cancellati dalla censura, assieme a migliaia di commenti sulla morte di quello che diventerà un “un eroe”.

Si chiede a gran voce che il 6 febbraio venga ricordato celebrando la “Giornata della libertà di parola”, il “Quotidiano del popolo” tace sulle minacce del governo a Li Wenliang. Nel frattempo l’hashtag “E’ morto il dott. Li Wenliang” ha ricevuto nei giorni successivi alla sua scomparsa 670 milioni di visitatori e “Li Wenliang è morto” altri 230 milioni di visitatori.

Nessuno può sapere se quanto affermato dal dottor Li fosse stato di pubblico dominio, avesse potuto cambiare il corso della pandemia, ma di certo avrebbe accelerato le direttive politiche e sociali mondiali ed avrebbe permesso una precoce condivisione con la comunità scientifica internazionale delle informazioni riguardo al Covid-19.

Solo il 9 gennaio 2020 la tv di Stato cinese ammette che a Wuhan è stato isolato un ‘nuovo Coronavirus‘, ma oramai la ‘censura centrale‘ aveva di fatto impedito il contenimento e la circoscrizione della malattia che già l’8 dicembre aveva fatto registrare il primo caso di ‘malattia polmonare non identificata’ probabilmente derivante dalla SARS.

A questo punto le pressioni da parte della comunità politica e scientifica internazionale si fanno insostenibili per il governo cinese ed il Partito Comunista, le maglie della riservatezza e della censura si allargano, i dirigenti cinesi hanno inizialmente sottostimato le conseguenze per la salute dei propri cittadini e di quelli di tutti i paesi del mondo. 

Pechino, per evitare di destabilizzare la fiducia del popolo, fa intervenire la ‘Corte Suprema del popolo’ affermando che le notizie del dottor Li Wenliang non erano false, ma erano sbagliate le sue diagnosirispetto alle affermarzioni si trattasse di una variante della SARS, che in realtà si era poi rivelato un nuovo Coronavirus. Una dichiarazione compromissoria delle istituzioni cinesi, per non dover smentirsi e smentire il sistema della censura, indispensabile al controllo della nazione in un regime tutt’altro che democratico quale è la Repubblica Popolare Cinese.

La nota stampa del 21 gennaio 2020 dal sito salute.gov , il resto è oramai storia recente.

“Le autorità cinesi e l’OMS hanno confermato che è stata dimostrata trasmissione da persona a persona. Si sono verificati casi nella città di Wuhan e alcuni con storia di viaggi a Wuhan in altre aree della Cina. Si sono verificati casi anche tra il personale sanitario. 

Nessun caso in Italia, dove è attiva una rete di sorveglianza sul nuovo coronavirus (2019-nCoV). La situazione è costantemente monitorata dal Ministero, che è in continuo contatto con l’OMS e l’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control), che ritengono la probabilità di introduzione del virus nell’Unione Europea moderata“.

 

-Gazzaniga Daniele-

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