Giovedì, 28 marzo 2024 - ore 19.16

QUEL GIOVANE IMMIGRATO DI COLORE, SCOPPIATO IN UN PIANTO A DIROTTO di Giorgino Carnevali (Cremona)

Direttore d’un direttore, auditorium Acli di Cremona, un colpo d’occhio, una vista d’insieme notevole, uno spazio godibile. E’ gremito l’auditorium. Le poltroncine sono occupate da diversi immigrati di colore, per di più giovanissimi. L’occasione ci viene data dall’incontro con il dott. Pietro Bartolo lampedusano, malato d’accoglienza di quei tanti migranti che sbarcano quotidianamente sull’isola.

| Scritto da Redazione
QUEL GIOVANE IMMIGRATO DI COLORE, SCOPPIATO IN UN PIANTO A DIROTTO di Giorgino  Carnevali (Cremona) QUEL GIOVANE IMMIGRATO DI COLORE, SCOPPIATO IN UN PIANTO A DIROTTO di Giorgino  Carnevali (Cremona) QUEL GIOVANE IMMIGRATO DI COLORE, SCOPPIATO IN UN PIANTO A DIROTTO di Giorgino  Carnevali (Cremona)

E’ un fenomeno che non accenna a diminuire, inarrestabile. Preoccupa? Diciamo che dobbiamo ragionarci su, e non poco sull’accoglienza ai quei poveri disperati che chiedono protezione. Lampedusa è la porta dell’Europa. Rappresenta una tappa essenziale per coloro che riescono a sopravvivere al Paese da cui fuggono, all’attraversamento del deserto, ai soprusi subiti in Libia per pagarsi a caro prezzo una navigazione perigliosa ed infine alle onde del Mediterraneo. Parla alla platea senza mai alzare la voce, suadente, delicato, pacato. Il tono del dott. Pietro è di quelli che ne hanno viste di tutti i colori. Là, sull’sola di Lampedusa, una autentica meraviglia con un mare limpidissimo, immersa in uno scenario da sogno, Pietro Bartolo ne è da tempo il medico condotto. Protagonista di “Fuocoammare”, il documentario di Gianfranco Rosi premiato con l’Orso d’oro che testimonia la tragedia del Mediterraneo, giorno e notte è impegnato a salvare vite dal mare, ma non solo. Combatte attivamente la disinformazione con le sue testimonianze. E’ venuto anche a Cremona sai direttore, grazie all’invito di quell’indomabile di un Marco (Pezzoni per i tanti amici). Ci snocciola fatti, avvenimenti, situazioni al limite della sopravvivenza. E ce li descrive con così tanta accuratezza da struggerti il cuore. Ma come è possibile maltrattare così disumanamente esseri umani? Per di più infierire su donne, giovani, bambini, con crudeltà, atrocità, sevizie? E ti parla di accoglienza, di salvataggi di esseri umani al limite della sopravvivenza, di donne disperate che partoriscono in condizioni disumane. E ti proietta pure immagini, volti, tragedie quotidiane. E le commenta, con dovizia di particolari. Ad un certo punto proietta l’immagine di un cordone ombelicale appena reciso durante un parto ad una giovane donna di colore. Lorda di sangue. Sembra che ti ammonisca, ti richiami ad una realtà che parecchi di noi non intendono accettare: “Vedete, quel cordone è sporco di sangue, un sangue di colore rosso vivo, come il vostro, come il nostro”. Gelo in platea.  Rifletti. Poi proietta l’immagine di alcuni giovanissimi migranti tenuti segregati durante il viaggio nella stiva di una fatiscente imbarcazione. Morte, devastazione, decessi per esalazioni di benzina, ustioni sulla nuda pelle causate dalla permanenza in una micidiale miscela di acqua salmastra e benzine. Improvviso nella sala scoppia un pianto, a dirotto. Singhiozzi di disperazione, un pianto inarrestabile. Ed un  giovanissimo di colore si alza dalla sua poltroncina e se ne esce senza riuscire a frenare quel suo sfogo. Lui, quel ragazzo più che bambino, magari c’era, magari tutto ha veduto? Pietro, il medico, continua con le sue testimonianze, non si arresta. Chissà quante volte ha assistito a questi pianti. Osservo altri giovani di colore asciugarsi, con un minuscolo fazzolettino di carta, gli occhi lucidi. Dopo poco quel giovane rientra  in sala, si siede composto. Vuole assistere ancora, nonostante tutto, a quelle tremende visioni. Che pensieri saranno passati nella mente di quel ragazzo, e di tutti gli altri ragazzi di colore convenuti in quella sala? Stringo  forte  la mano a quella “ragazzotta” seduta al mio fianco, da una vita, da sempre. Ci prende un nodo alla gola. Zitti, tutti zitti, poi alla fine ce ne usciamo dalla sala. In parecchi si trattengono per acquistare l’ultimo suo libro, che narra la storia quotidiana di quel medico di Lampedusa fra dolore e speranza, dal titolo “Lacrime di sale”. Gli richiedono una dedica, di suo pugno, una testimonianza. Non si sottrae. Sconfinata gratitudine a quel medico di “frontiera” che di  nome fa Pietro Bartolo (con  l’accento sulla “o”!). Al dolore non si fa mai l’abitudine, al peggio non c’è mai fine. Lampedusa, il suo grido di dolore, la porta d’Europa; l’Europa potrà mai esserne la casa?   

Giorgino  Carnevali (Cremona)

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