Supera i 2,2 miliardi, di cui quasi il 40% concentrati nel Mezzogiorno, il giro d'affari della criminalità organizzata derivante dall'infiltrazione nell'economia legale del settore turistico. Lo calcola una ricerca realizzata da Demoskopika elaborando dati ufficiali o da fonti autorevoli che l'ANSA ha visionato in anteprima.
Alla sola 'ndrangheta si attribuisce il 40% del giro d'affari complessivo, e sono quasi 4.500 le aziende a maggior rischio di riciclaggio associato a crisi di liquidità causata dalla pandemia. "Il turismo in ginocchio per il Covid fa gola ai sodalizi criminali", dice il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio.
Sono sei i sistemi turistici regionali a presentare i rischi più elevati di infiltrazione criminale nel tessuto economico: Campania, Sicilia, Lazio, Calabria, Lombardia, Puglia. Sul versante opposto, sono quattro le regioni a presentare una minore vulnerabilità, presenti nel cluster delle realtà con un rischio "basso" di infiltrazione economica: Marche, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.
Se ammonta a 2,2 miliardi di euro la stima dei proventi della criminalità organizzata derivante dall'infiltrazione economica nel comparto turistico italiano, la parte del leone la fa la 'ndrangheta con un giro d'affari di 810 milioni, pari al 37% degli introiti complessivi. A seguire la camorra con 730 milioni (33%) e la mafia con 440 (20%) e criminalità organizzata pugliese e lucana con 220 (10%). Osservando il livello territoriale emerge, inoltre, che nelle realtà del Mezzogiorno si concentrerebbe il 38% degli introiti criminali, pari a 825 milioni. A seguire il Centro con 515 milioni (23%), il Nord Ovest con 490 milioni (22%) e il Nord Est con 370 milioni (17%).
(ANSA).