Sabato, 27 aprile 2024 - ore 13.44

Vaccini Covid, Lombardia prima al mondo per terza dose - L'intervista alla Moratti

L'intervista alla Moratti

| Scritto da Redazione
Vaccini Covid, Lombardia prima al mondo per terza dose - L'intervista alla Moratti
Vaccini
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"La Lombardia si conferma il primo territorio al mondo per la somministrazione della terza dose". A dirlo e' la vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Lombardia, Letizia Moratti.

 "Nessun territorio al mondo è protetto con terza dose di vaccino anti Covid quanto la Regione Lombardia, l'area che in tutto il pianeta risulta quella più coperta dalla dose booster con più del 63% della popolazione già vaccinata: più di Giappone, Germania, Francia, Svizzera, e in percentuale più della media del resto d'Italia".

Lo scrive la vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Lombardia, Letizia Moratti, oggi via social.

"Ci sono dati molto positivi sulle somministrazioni e le adesioni in diverse fasce d'eta: ricordo i ventenni con un'adesione del 98%, i bimbi dai 5 ai 10 anni dove anche grazie agli open day siamo passati dal 39% al 41%, e anche gli over 50 rispetto ai quali stiamo intensificando la nostra azione perche' attraverso le Ats e le Asst stiamo domandando ai medici di medicina generale di chiamare tutti i loro assistiti per convincerli alla vaccinazione", ha aggiunto Moratti.

"Le terapie intensive - ha concluso - sono calate e i ricoveri in area medica anche. Il nostro RT e' inferiore a quello della media nazionale, guardiamo con cauto ottimismo a questa curva che sta scendendo in maniera significativa nella nostra regione".

 

INTERVISTA ALL'ASSESSORE 

 

Dottoressa Moratti, insomma: chi glielo ha fatto fare?

"L’amore per la mia regione. Il rispetto per le istituzioni che me lo hanno chiesto. La volontà di contribuire a dare un servizio al mio Paese".

Ma nessuno le ha fatto presente le grane cui andava incontro?

"Sì, tanti mi hanno sconsigliato. Non i miei figli, però. Loro mi incoraggiano sempre. Anche mio marito Gianmarco faceva così, mi dava forza".

La pandemia quanto ha influito?

"Moltissimo. Mi ero accorta che aveva portato alla luce tante solitudini, tanti disagi e maggiori povertà. S’era resa evidente la necessità di offrire servizi sanitari di prossimità ed economicamente accessibili a tutti".

Era una sanità per pochi?

"La sanità era di difficile accesso a molti cittadini per motivi economici e per problemi di organizzazione. Penso soprattutto alle famiglie con anziani e fragili e ai sacrifici nell’assistenza domiciliare. E ai giovani: la Dad ha fatto emergere tante situazioni di sofferenza".

La sanità lombarda era nell’occhio del ciclone. Si parlava di fallimento di un modello che era stato presentato per anni come vincente. Che situazione ha trovato?

"Ho indicato subito tre priorità: il piano vaccinale, il potenziamento della rete territoriale, la riduzione delle liste d’attesa".

Un anno fa prenotare la vaccinazione in Lombardia era un’impresa disperata. Lei ha liquidato l’intero cda di Aria, l’azienda pubblica che aveva la gestione del piano vaccinale.

"E mi sono rivolta a Poste Italiane. Adesso siamo la prima regione in Italia, e tra le prime in Europa, per vaccinazioni. Il piano è decollato. Ma guardi, devo dire grazie anche al senso civico di tutti i cittadini e allo straordinario impegno di tutto il personale sanitario".

Ma che c’entra il senso civico? E ovvio che un cittadino ha interesse a farsi vaccinare, no?

"No, guardi che è proprio senso civico. Le cito un dato: in Lombardia il 98 per cento dei giovani dai 20 ai 29 anni o è già vaccinato o si è già prenotato. Ed è una fascia di età con un rischio bassissimo di ammalarsi. Questa è generosità. È rispetto e senso di appartenenza alla comunità, due cose che sono nel dna lombardo".

Che cosa intende per potenziamento della rete territoriale?

"Era la mia seconda priorità. La Lombardia ha ospedali eccellenti ma sul territorio occorreva intervenire. Abbiamo approvato una legge che prevede 218 case di comunità, cioè luoghi fisici in cui vengono erogati servizi, e 71 ospedali di comunità per ricoveri a bassa intensità e breve durata. È una legge che può contare su risorse certe: un miliardo e duecento milioni vengono dal Pnrr – e siamo la prima regione a utilizzare il Pnrr – e 800 milioni dai fondi regionali".

Le liste d’attesa?

"Abbiamo fatto una cosa rivoluzionaria. Le strutture pubbliche, ma soprattutto quelle private convenzionate che sforano sui tempi d’attesa previsti dalle norme subiranno penalizzazioni dal 5 al 50 per cento del valore della prestazione riconosciuto dalla Regione. Le somme derivate da queste decurtazioni andranno a premiare i virtuosi. Partiamo il primo aprile con i ricoveri chirurgici oncologici, poi estendiamo queste norme a tutti gli interventi e agli esami. E prima di partire abbiamo fatto un monitoraggio per accertare tutti i ritardi nell’erogare le prestazioni. Non era mai stato fatto un lavoro del genere. Adesso abbiamo una fotografia completa di tutti i ritardi in tempo reale".

Era da sempre la grande accusa alla sanità lombarda: favorire i privati. Ha fatto una cosa di sinistra, assessore Moratti?

"Ho voluto ristabilire un’equità sociale. Spesso, nei centri privati accreditati, solo chi può pagare può accedere rapidamente ai servizi. E la sanità è un diritto per tutti".

Molti si sono lamentati dei medici di base.

"Le Regioni non hanno possibilità di intervenire. Ma siamo a buon punto su un’ipotesi di revisione del servizio e della loro organizzazione con il governo".

A proposito di governo: quanto ha influito il cambiamento di un anno fa, con l’arrivo di Draghi?

"Sicuramente è stato importante l’avvicendamento del commissario Arcuri con il generale Figliuolo. Per il resto, il ministro è lo stesso. Abbiamo stabilito un rapporto di leale collaborazione istituzionale. Ma non è la prima volta".

Anche con governi di sinistra?

"Ma certo. Per esempio, per l’Expo debbo ringraziare Romano Prodi e tutto il suo governo. Penso a D’Alema, Enrico Letta, Bonino: hanno collaborato tutti in modo importantissimo. E devo ringraziare anche Renzi: è stata la prima persona che ha riconosciuto il mio impegno per portare l’Expo in Italia".

Le chiedo ancora due cose, dottoressa. La prima è che cosa ha provato quando ha visto su Netflix la serie tv su San Patrignano.

"Netflix non ha fatto una serie tv su San Patrignano. Ha fatto una serie tv sulla storia di Vincenzo Muccioli. E il dispiacere è proprio questo: che non hanno parlato di quel che si fa a San Patrignano".

Seconda e ultima domanda. Il Quirinale. Mattarella si è insediato per il secondo mandato.

"Dico che comunque sono onorata di essere stata proposta come prima donna da Salvini, Meloni e Tajani in una conferenza stampa ufficiale. Io avevo accettato solo dopo la rinuncia di Berlusconi all’invito fattogli dal centrodestra unito. Per me rimane l’onore. Al presidente Mattarella riconosco l’alto spirito di servizio con cui ha accolto l’appello alla riconferma e il richiamo prezioso al tema della dignità quale pietra angolare dell’impegno di tutti".

Le faccio l’ultimissima domanda: lo sa che anche alcuni del Pd dicevano, in quei giorni, “la Moratti noi potremmo votarla”?

(Ma Letizia Moratti non risponde. Scambia un’occhiata con il suo portavoce e sorride).

 

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