Venerdì, 19 aprile 2024 - ore 23.19

Guerre dell’acqua: le cause e le possibili soluzioni

Uno studio del Politecnico di Milano su Nature Sustainability

| Scritto da Redazione
Guerre dell’acqua: le cause e le possibili soluzioni

Lo studio “Socio-hydrological features of armed conflicts in the Lake Chad Basin”, pubblicato su Nature Sustainability da Nikolas Galli,  Ilenia Epifani,  Davide Danilo Chiarelli e Maria Cristina Rulli del Politecnico di Milano e da Jampel Dell’Angelo della Vrije Universiteit di Amsterdam,  punta a rispondere a una domanda: «Le guerre di oggi per il petrolio saranno in futuro per l’acqua?» che per anni questa domanda è stata al centro di un dibattito scientifico sulle cause delle guerre in corso e su come dovrebbero essere studiate.

Il nuovo studio ha indagato il fenomeno, anche alla luce di “nuove” tipologie di conflitto nelle quali i gruppi paramilitari sembrano capitalizzare lo stress ambientale.

Secondo i ricercatori del Politecnico di Milano, «Per definire il rapporto tra acqua e conflitto non basta parlare solo di disponibilità idrica, o mancanza di essa: infatti i conflitti tendono ad essere associati a specifiche e complesse condizioni socio-idrologiche, che a loro volta hanno a che fare con gli aspetti socio-idrologici valore economico dell’acqua come forma di sostentamento, soprattutto in agricoltura, e con gli effetti che l’utilizzo umano dell’acqua ha sull’accessibilità di questa risorsa».

Gli autori dello studio evidenziano che «Le strategie di ricerca che potrebbero contribuire a creare nuovi tipi di evidenze scientifiche sulle interconnessioni tra ambiente, società e conflitti sono: creare misure di disponibilità idrica che tengano conto dell’importanza dell’acqua per il sostentamento umano, concentrandosi sui meccanismi che nascono quando una risorsa viene utilizzata in modo diseguale ed evitare semplificazioni eccessive quando si considerano i fattori ambientali nelle analisi sociali».

Il lavoro si basa sulla fusione di modellazione idrologica e analisi statistica, combinata con un focus specifico sui meccanismi socio-ambientali, culturali e politici che viene utilizzato per studiare le caratteristiche socio-idrologiche dei conflitti nella regione del Lago Ciad, in Africa centrale, che negli ultimi 20 anni è stata devastata da numerosi conflitti, come l’insurrezione jihadista di Boko Haram, la guerra civile nel vicino Darfur e i colpi di stato nella Repubblica Centrafricana. Oltre ad analizzare i dati sul livello di sviluppo umano, l’urbanizzazione della regione e la composizione etnica della popolazione, i ricercatori hanno utilizzato un modello per creare indicatori di disponibilità di acqua e suolo per l’agricoltura e il sostentamento umano in generale e spiegano che «Questi dati erano relativi ai conflitti nella regione tra il 2000 e il 2015 ed è stato sviluppato un metodo che, attraverso un approccio multidimensionale, riesce a esplorare le relazioni più secondarie, indirette e complesse all’interno del nesso acqua-conflitto. Da un lato, i conflitti tendono a persistere negli stessi luoghi e ad espandersi nelle aree più vicine. La maggior parte dei conflitti si verifica in luoghi altamente “anomali” (in termini di disponibilità idrica) rispetto al resto della regione, e il tipo di anomalia tende a correlarsi con la dinamica del conflitto».

Galli, ricercatore del gruppo Global stuudies on sustainable security in a changing environment  (Glob3ScienCE) del Politecnico di Milano, evidenzia che «Lavorando in questo modo è possibile produrre descrizioni quantitative e qualitative di particolari “pattern” ambientali associati a specifiche dinamiche conflittuali».

La Rulli, coordinatrice di Glob3ScienCE, conclude: «La ricerca socio-ambientale, socio-idrologica e idro-sociale sta spingendo i confini accademici verso l’integrazione delle scienze naturali e sociali al fine di produrre rappresentazioni più accurate dei sistemi socio-ecologici. Il nostro studio fornisce un nuovo approccio metodologico e nuove informazioni per comprendere i conflitti relativi alle risorse naturali in un caso di studio con una lunga storia di rappresentazioni (non) scientifiche da parte di scienziati naturali e sociali e responsabili politici».

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