Venerdì, 26 aprile 2024 - ore 12.59

LULA BATTE IL TRUMP DEI TROPICI

Ma Bolsonaro non sparirà da un giorno all’altro. Di Renzo Balmelli

| Scritto da Redazione
LULA BATTE IL TRUMP DEI TROPICI

VERDETTO. Se lo hanno ribattezzato il Trump dei Tropici qualche motivo ci sarà. E in Brasile Jair Bolsonaro, battuto al ballottaggio da Luiz Inacio Lula da Silva, non fa nulla per smentire la similitudine. Personaggi di destra come lui o come l’ex presidente americano non accettano la sconfitta, parlano di brogli mai provati e vogliono essere sempre loro a dare le carte. Mentre scriviamo queste note non è definitivamente chiaro se il presidente uscente riconoscerà o meno il passaggio dei poteri. In generale Bolsonaro ha beneficiato di un ampio consenso da parte delle lobby e degli autotrasportatori, che nell’America latina costituiscono una categoria molto agguerrita. I suoi affiliati hanno organizzato ora ampie proteste e blocchi autostradali contro i risultati delle elezioni, compromettendo la catena di approvvigionamento alimentare del paese e toccando quindi un nervo scoperto nella vita quotidiana dei brasiliani.

DEMOCRAZIA. Le elezioni in Brasile sono un evento di portata globale. Il Paese è la maggiore potenza economica dell’America latina e quanto vi accade si riverbera sull’intero continente. Sulla via della rinascita, dopo un terzo mandato che ha dello stupefacente, il leader della sinistra, assolto da tutte le accuse, si trova a dovere affrontare una sfida epocale non soltanto per l’avvenire del suo popolo, ma anche per definire assetti ed equilibri in questa parte del mondo. In ogni modo a Lula “homem do Povo”, l’uomo del popolo, non dovrebbe venir meno la solidarietà internazionale. Ormai sono lontani i tempi in cui Washington considerava i vicini del Sud come lo zerbino di casa. Il neo eletto durante il suo precedente governo ha strappato alla fame milioni di persone. Sul fronte opposto prevalgono invece le regole del liberismo, ben evidenziate dallo sfruttamento senza cuore delle enormi risorse dell’Amazzonia. Lula ha vinto con lo slogan “riprendiamoci la democrazia”, e il messaggio è passato. Ma Bolsonaro non sparirà da un giorno all’altro.

MINACCE. Tra meno di una settimana, martedì 8 novembre, l’America torna alle urne per le tradizionali elezioni di metà mandato in un clima non dei migliori. L’appuntamento, che serve per misurare la temperatura del Paese e valutare la popolarità di Biden, è stato preceduto da un gesto di inaudita brutalità. Il marito di Nancy Pelosi, speaker della Camera, è stato preso a martellate rischiando la vita. Il clamoroso episodio si inserisce in un contesto di minacce, insulti e attacchi proditori che dopo l’assalto al Campidoglio sono diventati allarmi quotidiani. Gli Stati Uniti hanno vissuto varie tragedie, basti pensare all’assassinio dei fratelli Kennedy o dei leader per i diritti civili, ma negli ultimi tempi il problema ha conosciuto di nuovo una impennata inquietante. Tra i fattori scatenanti il principale va messo sul conto della retorica incendiaria di Trump che ha sdoganato la violenza trovando in parte terreno fertile per i suoi farneticanti propositi di rivincita. Sull’esito delle mid-term grava dunque un’ipoteca pesantissima che finirebbe con aggravare la spaccatura della nazione se, per disavventura, dovessero prevalere le derive “trumpiane” ai danni della democrazia e la difesa dei diritti fondamentali.

SCONGIURI. In politica fare promesse è di una facilità irrisoria. Mantenerle molto meno. Nell’albo dei ricordi c’è un signore che sul milione di posti di lavoro ci ha campato un bel pezzo, inventandosi scenari inesistenti. Nell’euforia della vittoria, debordante dopo il lungo digiuno da Palazzo Chigi, la nuova maggioranza di promesse ne sta distribuendo in dosi industriali. Resta da capire quali saranno i punti di riferimento di questa visione con l’ambizione di durare per l’intera legislatura a quanto pare ispirandosi al modello conservatore. Limitandosi agli esecutivi della Seconda Repubblica in media i governi italiani sono rimasti in carica poco meno di due anni. Gli umori sono volubili. Basta poco, basta una raffica di vento e il veliero cambia direzione incurante del(la) timoniere. Gli alleati dovrebbero consigliare a Lady Giorgia di fare gli scongiuri.

PADRETERNO. Che potenza dissacrante la satira. Graffiante come pochi, Emilio Giannelli, vignettista di punta del Corriere della Sera, una volta ancora ha colto nel segno. In uno dei suoi più recenti contributi ha raffigurato Giorgia e Silvio con le dita che non si toccano come nella Cappella Sistina di Michelangelo. Fulminante l’ironico passaggio in cui l’autore fa dire a Silvio, rivolto a Giorgia: “Ricordati che il Padreterno sono io”. Che è, poi quanto è realmente accaduto. Geniale. Nella foga elettorale Berlusconi, celebrando il suo passato, ha provato infatti con ogni mezzo a proporsi quale Padreterno mentore e guida della coalizione. È stato il tentativo di prolungare una stagione, la sua stagione, ormai finita. Ora nella destra di stagione ne inizia una nuova, in un clima non privo di incognite.

AGONIA. Un secolo fa in Italia, in concomitanza con la marcia su Roma, la libertà entrò in agonia. E in quello stato comatoso e umiliante per l’intero Paese, ci restò per un periodo lunghissimo, rovinoso e carico di dolore Dalla stretta soffocante della dittatura le forze migliori della società, che a prezzo della vita mai smisero di lottare contro l’oppressione, ne usciranno soltanto dopo il crollo del regime fascista con il suo carico di delitti, orrori e rovine. Cento anni dopo le ombre nere di chi pensa che dopotutto Mussolini fece anche cose buone non sono sparite del tutto. Fare i conti col passato resta impresa ardua. Mistificare le “glorie imperiali”, avere reazioni ambigue sulle leggi razziali, denigrare la Resistenza, snobbare il 25 Aprile, definire obsoleto l’antifascismo, vanno in una direzione sbagliata e pericolosa. Di qui la necessità di non mai abbassare la guardia di fronte ai rigurgiti nostalgici.

PATRIMONIO. Da tempo immemore Italia e cultura sono un prezioso binomio inscindibile. Nella storia del sapere hanno rappresentato e tuttora rappresentano la meta prediletta di artisti, letterati e viaggiatori curiosi affascinati dalla ricchezza e dalle scoperte del Grand Tour. Da nord a sud la penisola è uno scrigno di bellezze inestimabili unico al mondo e un pregevole collante dell’unità nazionale. Un patrimonio da preservare e da proteggere dalle sgradite e interessate incursioni della politica delle poltrone. Il nuovo governo, il più a destra del duemila, può piacere o meno e a noi non piace particolarmente. Tuttavia sarà interessante vederlo alla prova su un tema tanto sensibile e che purtroppo non ha occupato un posto di rilievo nella campagna elettorale dei vincitori. La sola sovranità che abbia un senso nobile e alto, da non confondere con gli squallidi slogan del sovranismo populista, è appunto quella della cultura quale faro dell’illuminismo e del progresso per l’intera umanità.

390 visite
Petizioni online
Sondaggi online

Articoli della stessa categoria