Venerdì, 19 aprile 2024 - ore 14.29

Insistere su mafia, evasione e occupazione | Alessandro Lucia

| Scritto da Redazione
Insistere su mafia, evasione e occupazione | Alessandro Lucia

Non è una novità il drammatico scenario che sta vivendo (e che vive da anni) lo strato sociale più povero della popolazione. C’è un’enorme “questione sociale” da risolvere, con interventi decisi e chiari. Ultimamente, si è notato come il tam tam mediatico stia mettendo in risalto –a volte anche con scopi meschini, per mera audience – le difficoltà in cui versa la classe medio bassa Italiana. E quando parlo di classe medio bassa (senza dimenticare chi sta ancora peggio), intendo chi a fatica riesce ad arrivare alla fine del mese, chi deve fare salti mortali per garantire quel minimo di benessere che richiede la società iper-consumista. Perché non siamo ancora così stupidi (non tutti) da credere alle favole di un certo Cavaliere, su ristoranti e aerei pieni.

La situazione è complessa, e non sarei in grado di delineare perfettamente ogni sua particolarità, ma penso molto in generale a un operaio, o a un impiegato statale, onesto e che paga regolarmente le tasse, fino all’ultimo centesimo, o a uno studente che deve trovarsi un lavoro part-time, spesso suo malgrado in nero, per contribuire alle spese familiari e dell’università. Questa  Italia “sana”, è completamente agli antipodi rispetto a quell’Italia di parassiti arroganti e odiosi, di chi vuole tutto e subito, senza curarsi di nulla fuori che del proprio tornaconto personale.
Ci sono due Italie, quindi. Enormemente diverse, e rendersi conto finalmente di questo, può essere un buon inizio per risollevare il paese. Come? Non lo scopro certo io, ma sarà bene ripeterlo.

Tutto ciò di cui ha bisogno il paese nell’immediato, è di poter finanziare il rilancio sociale e economico, la “crescita”. Tutte le piccole manovre correttive, siano esse la patrimoniale (che sarebbe comunque sacrosanta), il taglio dei parlamentari, o l’aggiustamento, diciamo così, delle pensioni (argomento invece da rivedere, perché soffoca i più inermi), possono essere solo accorgimenti di circostanza, che non avranno, alla lunga, grossi effetti positivi. Serve, prima e assoluta, la lotta alla criminalità organizzata e all’evasione fiscale. Il “come” lo lascio ai… tecnici!

Però leggevo poco tempo fa l’intervista del 1982 di Giorgio Bocca al generale Carlo Alberto dalla Chiesa in cui quest’ultimo sosteneva come le protezioni mafiose fossero semplicemente una negligenza dello stato nel garantire alcuni fondamentali diritti alla popolazione che, di contro, si affidava alla mafia. Se, quindi, lo stato si decidesse a riprendersi questo ingrato compito, riguadagnerebbe credibilità e potrebbe sferrare un colpo letale alla mafia. Perché la criminalità organizzata è qualcosa di più dei boss, semplici burattinai di una mentalità assai diffusa e che, una volta catturati, si riformano forti dell’inalterato stato di cose.

L’evasione fiscale, secondo grande problema italiano, strettamente collegato al primo, è, forse, più semplice da affrontare. Però anche qui è necessaria la volontà concreta di risolverlo. Magari effettuando più controlli, specie in situazioni che risultano “sospette”, sono certo che alla lunga ripaghi, e molto. E’ impensabile che un gioielliere dichiari al fisco meno di un suo dipendente, o che un dentista (sono fatti di cronaca) viva con 10 mila euro l’anno. Controlli, controlli, controlli.

Per riprendere rapidamente l’argomento pensioni, viene da pensare (i “tecnici” mi scusino se prendo una cantonata) alla giustificazione data per l’aumento dell’età pensionabile: l’aspettativa di vita è più alta. Certo, l’aspettativa è più alta, ma il tenore fisico di un sessantenne rimane lo stesso, sempre. E poi, ogni anno di lavoro in più per un sessantenne, è un potenziale anno in meno per un giovane. Se oggi un laureato trova lavoro, se va bene, a trent’anni, in futuro come minimo lo troverà a trentacinque. Verrebbe a costituirsi una sorta di limbo di giovani tra i 25 e i 35 anni (sempre se va bene) senza lavoro, che gravano sulle famiglie e che non aiutano in termini economici il paese. L’aumento dell’età pensionabile, se non è folle, poco ci manca. Vanno creati posti di lavoro stabili, e dove investire se non in istruzione, sanità, ricerca?

Inoltre, e per concludere, non vorrei addentrarmi nella questione molto dibattuta della cosiddetta “dittatura dei mercati”, perché non sarei in grado di esprimere un giudizio pertinente, ma mi permetto di fare una considerazione su Monti e, appunto, i mercati: non potevamo evitare, dopo il disastroso Berlusconi, un governo di seguaci della finanza, nel contesto economico mondiale in cui viviamo. Non è quindi a Monti che vanno chieste riforme delle politiche economiche, che vadano a colpire le logiche del mercato. Questo è, o sarà, un processo più lungo e difficile, in cui servirà, dopo questo periodo di transizione, la partecipazione diretta (in politica) e indiretta (col voto) dei cittadini responsabili.

Senza questa, non vedo vie d’uscita.

Alessandro Lucia

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