Nel rapporto intitolato “Costrette e impedite: i matrimoni forzati e gli ostacoli alla contraccezione in Burkina Faso”, Amnesty International ha denunciato che i matrimoni forzati e precoci stanno derubando migliaia di bambine del Burkina Faso – anche di soli 13 anni – della loro infanzia e che gli elevati costi dei contraccettivi e ulteriori barriere impediscono loro di decidere se e quando avere figli. Il rapporto contiene anche storie di donne e bambine minacciate o picchiate per aver cercato di prendere decisioni autonome sul matrimonio e la gravidanza. “In Burkina Faso, fin troppe donne e bambine non hanno alcun controllo sulla loro vita e non hanno il diritto di decidere se, quando e con chi sposarsi e avere figli” – ha dichiarato Alioune Tine, direttore di Amnesty International per l’Africa occidentale. “Una volta sposate, ci si aspetta che le bambine diventino madri prima possibile. Le gravidanze precoci aumentano drasticamente il rischio di morte o di danni fisici permanenti. In poche riescono ad andare a scuola o a completare l’istruzione” – ha aggiunto Tine. “In alcune zone del Burkina Faso, oltre la metà delle bambine diventa moglie a meno di 18 anni. Tutto questo dev’essere fermato. Né i familiari né la comunità in cui sono inseriti dovrebbero poter prendere decisioni sul corpo di una bambina e negarle l’opportunità di portare avanti i suoi desideri e i suoi sogni per il futuro” – ha sottolineato Tine. Nel 2014 e nel 2015 i ricercatori di Amnesty International hanno intervistato 379 donne e bambine, documentando i molteplici ostacoli che impediscono l’accesso ai servizi medici di contraccezione. Tra le persone intervistate, vi erano anche 35 vittime di matrimoni forzati e precoci che sono riuscite a fuggire. La legislazione nazionale prevede che le ragazze debbano avere almeno 17 anni prima di sposarsi ma nella regione settentrionale del Sahel più della metà (il 51,3 per cento) delle bambine tra i 15 e i 17 anni risulta già sposata.
Matrimoni forzati e precoci: Le famiglie del Burkina Faso spesso danno le loro figlie in sposa per consolidare relazioni familiari, acquisire status sociale od ottenere in cambio beni, servizi o denaro. Il rapporto di Amnesty International rivela anche la pratica, diffusa in alcune zone del paese, chiamata “pog-lenga” o “bonus donna”: una sposa può portare la nipotina con sé, presso la famiglia del marito, per combinare un matrimonio aggiuntivo.
Celine, una bambina di 15 anni fuggita il giorno del matrimonio, appena dopo la celebrazione, ha raccontato ad Amnesty International come sia stata obbligata a sposare un parente del marito di sua zia. “Non volevo sposare quell’uomo. Mia zia mi ha minacciata: ‘Se te ne vai, ti distruggeremo’. Sono scappata da casa di mio marito ma quando sono tornata nel villaggio la mia famiglia mi ha detto che non potevo restare”. Le bambine che si oppongono al matrimonio forzato subiscono enormi pressioni dalla famiglia e dalla società, comprese minacce di violenza.
Come nel caso di Maria, 13 anni: “Mio padre voleva farmi sposare con un uomo di 70 anni che aveva già cinque mogli. Altrimenti mi avrebbe uccisa”. Dopo essere scappata di casa, Maria ha camminato per tre giorni fino ad arrivare, oltre 170 chilometri dopo, a un rifugio per bambine.
Nessuna scelta sul controllo delle nascite: Quasi tutte le donne e le bambine intervistate da Amnesty International hanno riferito di essere state insultate o sottoposte a violenza fisica quando hanno sollevato l’argomento del controllo delle nascite coi loro partner. Hanno inoltre sottolineato come la mancanza di controllo sulle risorse finanziarie le costringa a chiedere soldi ai loro partner per acquistare prodotti contraccettivi.
Bintou, 25 anni, ha raccontato ad Amnesty International la sua esperienza: “Poco prima di rimanere incinta del mio ultimo figlio, avrei voluto approfittare della settimana della contraccezione gratuita ma quando sono arrivata era già finito tutto. Allora ho chiesto i soldi a mio marito, che è andato su tutte le furie e da allora mi ha sempre detto di no. Nella nostra cultura, quando l’uomo parla la donna deve ascoltare e obbedire. Già rischiamo di essere picchiate quando chiediamo i soldi per andare a fare la spesa, figurarsi per i contraccettivi”. Nonostante gli sforzi del governo per ridurne i costi, la maggior parte delle donne e delle bambine ha dichiarato di non essere in grado di comprare i contraccettivi. Secondo dati ufficiali, meno del 16 per cento delle donne fa ricorso a un moderno metodo di contraccezione e ciò aumenta esponenzialmente il rischio di gravidanze indesiderate e, a volte, ad alto rischio. Le Nazioni Unite hanno sottolineato come l’uso dei contraccettivi potrebbe ridurre enormemente i casi di mortalità materna. Quasi il 30 per cento delle donne e delle bambine dai 15 ai 19 anni delle zone rurali del paese è incinta o ha avuto il primo figlio nonostante la probabilità, doppia rispetto a chi ha oltre 20 anni, di morire nel corso della gravidanza o del parto.
Un urgente bisogno di riforme: La legge del Burkina Faso vieta completamente i matrimoni forzati e precoci ma lo fa in modo inadeguato e discriminatorio: l’età minima per sposarsi è di 21 anni per gli uomini e di 17 per le donne. La legge vale solo per i matrimoni registrati dallo stato, una piccola parte rispetto a quelli tradizionali e religiosi. Il governo si è impegnato a cambiare la legge ma, secondo Amnesty International, deve farlo con urgenza, in modo da registrare e controllare tutti i matrimoni ed elevare a 18 anni l’età minima per sposarsi. Il governo ha inoltre eliminato le principali barriere finanziarie che ostacolano le donne che vogliono accedere alle cure mediche durante la gravidanza. Amnesty International esorta le autorità burkinabé a fare il passo successivo: rendere gratuiti almeno alcuni dei prodotti di contraccezione che le donne possano usare in modo sicuro e discreto.
“Il Burkina Faso ha uno dei più alti tassi di matrimoni forzati e precoci al mondo e uno dei più bassi livelli di contraccezione. È fondamentale che il governo sostenga il diritto delle bambine di prendere decisioni autonome sul loro corpo, sulla loro vita e sul loro futuro. I recenti impegni a porre fine ai matrimoni precoci sono apprezzabili, ma fino a quando non si tradurranno in realtà le bambine continueranno a pagarne il prezzo” – ha concluso Tine. La mostra fotografica “Sheroes” sulle spose bambine in Burkina Faso
A Milano dal 3 all’8 maggio nell’ambito della prima edizione del Festival dei Diritti Umani, sarà inaugurata in Italia la mostra fotografica di Amnesty International “Sheroes” sulle spose bambine in Burkina Faso, con scatti di Leila Alaoui, la fotografa franco-marocchina rimasta uccisa negli attacchi del 15 gennaio 2016 a Ouagadougou.
La mostra fotografica, il cui titolo è una contrazione di "she" e "heroes", presenta immagini positive di donne e ragazze provenienti da una varietà di ambienti e situazioni (ospiti e lavoratrici di case-rifugio, ginecologhe, responsabili di associazioni femminili, leader di comunità), storie di coraggio, determinazione, impegno, cambiamento positivo.
Le “sheroes” sono le nostre eroine: le ragazze che hanno subito e hanno superato la violenza, lo stupro, il matrimonio precoce e forzato, l’esilio, il disagio; ma anche le donne che stanno con loro difendendo, proteggendo, nutrendo, abilitando, ispirando. Attraverso questa mostra, Amnesty International rende onore a tutti coloro che vi sono ritratti, a Leila Alaoui e all’autista Mahamadi Ouedraogo che l’accompagnava per realizzare il reportage fotografico, e ai molti altri come loro nel mondo.
La campagna “My body my rights”: Nel luglio 2015 Amnesty International ha lanciato la sua campagna globale “My body my rights” in Burkina Faso, richiamando l’attenzione sugli ostacoli che le donne e le bambine devono affrontare. L’organizzazione ha pubblicato un manifesto per i diritti umani, sottoscritto dall’attuale presidente, che si è così impegnato ad agire con maggiore decisione contro i matrimoni forzati e precoci.
Fonte: Amnesty International